Storia. Duecentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi 1807-2007
O Roma o morte! Garibaldi e le giornate “pistoiesi” del 1867
Il legame tra Garibaldi e la Toscana è stato recentemente riproposto e ben documentato dal libro di Francesco Asso, Itinerari garibaldini in Toscana e dintorni 1848-1867 edito dalla Regione nella collana "Toscana Beni Culturali”. Dal primo incontro con la Toscana a Livorno il 25 ottobre 1848 dove, reduce dalla Prima Guerra d'Indipendenza, sbarca con Anita e ad altri settantadue seguaci, alla vicende successive alla caduta della Repubblica Romana, dalla Spedizione dei Mille ai tentativi della liberazione di Roma, c'è sempre un passaggio dell'Eroe in questa terra.
Il libro citando ben 117 luoghi ripercorre la storia di questo rapporto in otto itinerari punteggiati da 253 epigrafi che rappresentano un patrimonio di memoria che, sostenuto da una narrazione intensa, intende valorizzare, mettendo in rilievo non solo la partecipazione alle vicende risorgimentali delle città, ma anche dei piccoli paesi.
Anche a Pistoia una lapide posta all’altezza del n. 40 nella centralissima via della Madonna ci rammenta che il: “XIV Luglio MDCCCLXVII Giuseppe Garibaldi qui fu ospitato, di qui parlò al popolo plaudente fatidiche ed amorose parole mallevando prossima la liberazione di Roma. Sciogliendo il voto del popolo pistoiese, a perfetta memoria del fatto, la famiglia dell’avv. Giuseppe Gargini QLP II Luglio MDCCCLXXXII”.
Tuttavia i rapporti fra Pistoia (città che già aveva dato il suo tributo di volontari alla Prima ed alla Seconda Guerra d’Indipendenza) e Garibaldi risalivano a ben prima: ad esempio si annovera fra i Mille un pistoiese, il quarantatreenne Pietro Beccarelli da Saturnana, località collinare appartenente all’allora municipio di Porta al Borgo che oggi è un rione del Comune di Pistoia.
Com’è noto le navi garibaldine “Piemonte” e “Lombardo” nel viaggio verso Marsala fecero sosta per rifornimenti presso il forte di Talamone e Beccarelli, uno dei tanti pistoiesi che in quei tempi, secondo una consuetudine protrattasi anche nel Novecento fin quasi alle soglie delboom economico dei primi anni Sessanta, si recavano in Maremma a far carbone, ebbe l’occasione di unirsi alle Camicie Rosse. Il pistoiese infatti figura al n. 77 della lista ufficiale dei “Mille” (1089), fornita dal Ministero della Guerra e pubblicata nel 1864 dal “Giornale militare”, come: “Beccarelli Pietro di Emanuele, nato a Porta al Borgo nel 1822, morto il 14 agosto 1871”. Il noto garibaldino toscano Giuseppe Bandi, di Gavorrano, fondatore de “Il Telegrafo” di Livorno, nella sua storia de I Mille, giudicato da Benedetto Croce il libro più riuscito nella folta memorialistica sulle Camicie Rosse, descrisse il modo curioso col quale si arruolò Beccarelli: “…mentre aspettavo una barca che mi portasse a bordo, ecco accostarmisi un pover'uomo, tutto cenci e smunto come il Battista nel deserto, che mi dice: - Sor uffiziale mi dia qualcosa per su' carità. - Come! Chiedi la carità a me che ho già fatto testamento e mi son fatto ungere ... ? - Che vuole? Le febbri m'hanno strutto e non si trova da lavorare. Creda in Dio che ho fame, e non ho un picciolo in tasca. Son venuto da Orbetello stamani, e non ho trovato da sdigiunarmi… - Hai moglie, hai figlioli ? - Né figlioli, né moglie. - Allora, caro mio, morire per morire, l'è meglio morir da bravo con noi, che crepar di fame. Almeno ti metteranno in musica. Hai tu paura delle palle? Il Maremmano fe' cenno che no. - Allora - soggiunsi - monta meco su questa barca, e da ora in poi sarai soldato di Garibaldi. - Viva Garibaldi sempre ! - esclamò il disgraziato, non più disgraziato e mi seguì. Si chiamava Becarelli, da Saturnana nel pistoiese, ed era bracciante”. (1)
Carlo Paiotti, un compianto cultore di storie pistoiesi che citò questo brano del tenente Bandi in una vecchia pubblicazione per il Centenario dell’Unità d’Italia, scrisse anche, ammettendo però di non saperne molto di più, delle presenza di un altro pistoiese fra i Mille, che al n. 722 della lista del suddetto “Giornale militare” viene così rammentato: “Palmieri Palmiro di Fortunato, nato a Montalcino il 2 marzo 1841, morto in Orbetello il 3 aprile 1871”. Su questo garibaldino, presunto pistoiese, anche noi di più non sappiamo.
Quel che è certo invece è che dopo Beccarelli, a più riprese, altri 250 pistoiesi avrebbero raggiunto Garibaldi nella Campagna Meridionale. Fra questi Giuseppe Civinini (1835-1871), giornalista, poi direttore de “La Nazione” di Firenze e politico noto a livello nazionale, che si distinse per competenza e correttezza nell'intendenza delle Camicie Rosse tanto che da allora divenne e fu per lungo tempo segretario del Generale. Infatti il giovane pistoiese seguì poi l’Eroe nel 1862 sull'Aspromonte, ne condivise la prigionia al Varignano, l'esilio a Caprera e fu di nuovo vicino a lui, nel pieno della mischia, a Bezzecca nel 1866 (2). Oltre ai due citati, altri pistoiesi tra i quali Giuseppe e Raffaello Becherucci, Olimpio Banci, Torello Orlandini, Luigi, Gianni, Ettore Regoli, Giuseppe Tesi, Aristide Turi, Pilade Fabroni, si distingueranno nel corso degli anni durante le diverse fasi dell’ epopea garibaldina. (3) Infine un famoso ufficiale dell’Eroe, il colonnello Stefano Dunyov (1816-1889), ungherese di origine bulgara, diverrà cittadino pistoiese d'adozione dal 1872 ed alcune epigrafi poste all'altezza della sua abitazione in via Verdi n. 19 dalla municipalità e dai due Stati, ne commemorano le gesta.
Ma torniamo a quel 1867 che resterà per lungo tempo vivo nel ricordo dei pistoiesi. In seguito alle elezioni del marzo di quell’anno, a Firenze (capitale dal settembre 1864) era stato rieletto il parlamento ed il capo del nuovo governo, Rattazzi, subentrato a Ricasoli, confidando nell'intenzione già manifestata da Napoleone III di non intervenire nella questione romana, qualora nella città fosse scoppiata una rivoluzione, sembrava obiettivamente incoraggiare Garibaldi ad una spedizione per la presa di Roma, meta agognata dei patrioti e dei democratici dopo che anche il Veneto si era unito all’Italia in seguito alla guerra del 1866.
A Pistoia nel 1867 la vita politico-amministrativa, complice anche un suffragio elettorale ancora appannaggio di pochi istruiti ed abbienti, sembrava ormai egemonizzata dai moderati tanto che lo stesso Civinini, faticosamente eletto al parlamento nel 1865 per la sinistra, era stato ora clamorosamente rieletto nelle file della destra ricasoliana.
I democratici pistoiesi (garibaldini, mazziniani e qualcuno definito “anarchico”, tutti strettamente sorvegliati da sottoprefetto e polizia) vedevano nell’ambita visita del Generale alla città anche un'occasione per serrare le file e per una rivalsa, sia nei confronti dei “paolotti” filopapalini, sia verso i liberalmoderati, i cosiddetti “malvoni” (dagli effetti emollienti della pianta), patriottici ed anticlericali, ma sempre e comunque filogovernativi. (4)
L’occasione sembrò presentarsi quando Garibaldi giunse a fine giugno alla Grotta Giusti di Monsummano, ufficialmente per curare la sua vecchia artrite, ma molto probabilmente, data la vicinanza della capitale ed essendo la Toscana un punto strategico per la progettata spedizione romana, anche per una serie di contatti politico-organizzativi, che possiamo intuire, data l’ovvia segretezza della questione, attivati soprattutto da suoi emissari e rivolti in più direzioni ed a vari livelli. Rattazzi infatti, pur fra molte ambiguità, dava sempre più l'impressione di esser pronto ad utilizzare le manovre della Sinistra tendenti a suscitare un'insurrezione a Roma; successivamente, appena i garibaldini fossero entrati nello Stato Pontificio, con la scusa di riportare l'ordine, avrebbe mosso le truppe regolari per occupare il Lazio. Rimaneva tuttavia sempre l'incognita dell'atteggiamento dell’imperatore francese Napoleone III: avrebbe veramente mantenuto la vecchia promessa di non intervenire in caso di rivoluzione romana, stretto com'era fra le pressioni di un'opinione pubblica clericaleggiante e gli impegni personali contratti con Pio IX? Pertanto il controllo del governo Rattazzi sui democratici, teso ad impedire incontrollate “fughe in avanti” era in quei giorni strettissimo. Infatti di lì a poco non dovette sfuggire alle autorità governative la visita di 150 garibaldini pistoiesi guidati da Francesco Franchini e Giuseppe Gargini, che con banda musicale al seguito, si erano mossi verso Monsummano per rendere omaggio al Generale che, da parte sua, promise senz’altro una sua imminente visita alla città. Terminate le cure, il 1 luglio Garibaldi venne ospitato in quel di Vinci dai suoi vecchi amici fratelli Martelli e dal borgo leonardiano avvertì l'avvocato Gargini che, avendo anche l’intenzione di rendere omaggio alla tomba di Francesco Ferrucci a Gavinana, sarebbe stato suo ospite a Pistoia il 14 e il 15 luglio.
L’8 luglio il Generale fu a Pescia e così parlò alla folla: “Sono molto commosso della cara dimostrazione che la gentile e simpatica gente toscana mi fa. Voi, popolo toscano, avete fatto molto per l'Italia, più di quanto alcuni del popolo credono. Avete il Pantheon di Santa Croce, ove si rinchiude la maggior parte degli uomini più prodi che abbia avuto l'Italia; le vostre sublimi memorie e il vostro gentile idioma hanno molto contribuito alle altre province italiane. E' stato fatto molto, ma l'Italia non è ancora completa ; ciò vuol dire che le manca qualche cosa, e questo qualche cosa è Roma”. Un grido “O Roma o morte” interruppe Garibaldi, che continuò : “Sento una voce, uscita dai ranghi del popolo, che ha fatto palpitare l'animo mio. Sì, Roma è stata sempre il mio pensiero. Andiamo là e presto. Assicuratevi pure che senza Roma non vi sarà quiete, né prosperità, né sicurezza, in Italia possibile ! Addio !” . (5 )
In una calda domenica di pochi giorni dopo, il 14 di luglio, ricorrenza significativa per tutti i progressisti, Garibaldi mantenne la promessa fatta ai pistoiesi e fu calorosamente salutato al suo arrivo alle 11,30 alla stazione, da una moltitudine entusiasta che, fra le vie della città imbandierata a festa, lo accompagnò alla casa del Gargini. Affacciandosi ad una finestra rivolse poi un breve, ma appassionato indirizzo di saluto alla folla sottostante che successivamente sarà così riportato dalla stampa locale: “Cittadini! Queste manifestazioni so che voi non le dirigete all’individuo, ma al principio; esse mi fanno conoscere che la causa del nostro Paese va avanti. - Di prepotenze l’Italiani non ne vogliono; e voi me lo avete manifestato con la vostra dimostrazione di oggi. - Se il patriottismo di Pistoia avrà seguito come spero anche nelle altra Città d’Italia, compiremo l’Unità della Patria. - Con uomini come voi, ogni impresa diventa facile - L’Italia la vogliamo, e la vogliamo a dispetto dei nemici interni, e di qualunque despota straniero - L’impeto di una Popolazione trionfa di tutto (Una voce grida Roma o morte) Si, a Marsala io lo ho detto per primo: o Roma o morte, ora dobbiamo dire Roma e vita, si dobbiamo dire Roma e vita, perché l’Italiani devono andare a Roma come a casa loro (Una chiesa in vicinanza suona le campane, e delle voci della folla gridano che sono i Paolotti che fanno suonare.) Di campane ne va lasciata una per segnare le ore, e del resto ne faremo tanti soldi, e se occorrerà tanti cannoni (Una voce della folla grida Viva il Martire d’Aspromonte) Io non sono Martire, il poco che ho fatto e sofferto non lo cambierei con qualunque Impero - però la palla che mi colpì al piede, non mi poteva uccidere, perché quella che mi ucciderà dovrà colpirmi a cuore. - Sebbene vecchio, spero che sarò con voi a Roma - Addio”. (6)
La giornata si chiuse con un affollatissimo meeting all’Arena Matteini dove Garibaldi con accanto il Gargini con la consorte Marietta, il Franchini e padre Gavazzi, assistette ad una rappresentazione teatrale, mentre negli intervalli l'attore Lollio declamò alcuni versi, composti in onore del Generale dalla signora Giulia Civinini Arrighi, sorella del suo ex-segretario on. Civinini, ormai definitivamente approdato ad altra sponda politica come confermò la sua significativa assenza.
Alle nove, allora erano quelli i ritmi della vita, tutto finì ed una banda musicale scortò l’Eroe fino a casa Gargini che nella notte sarebbe stata sorvegliata da una guardia d’onore di venti garibaldini. Prima di addormentarsi il Generale ricevette l’omaggio floreale di alcune signore che contraccambiò col dono di una foto con dedica.
Alle cinque del mattino successivo Garibaldi in compagnia del Gargini, di padre Gavazzi, di Lucio Roda, Sandro Gherardini, Beppe Becherucci e qualche altro salì verso Gavinana ed in ogni paese incontrato lungo il viaggio ricevetti doni e calorosi festeggiamenti. Al termine del patriottico pellegrinaggio a Gavinana il Generale si fece promotore di una sottoscrizione perché ivi venisse eretto un monumento a Ferrucci. La bella e significativa giornata fu però inopinatamente rovinata perché qualcuno durante il ritorno rubò il poncho al quale Garibaldi, fin dalle sue imprese americane, teneva così tanto che, “quasi ne pianse”. (7 )
Alle 5,30 del mattino successivo, Garibaldi accompagnato a Porta Lucchese, ripartì per Vinci salutato da una banda musicale e dai fedelissimi inneggianti alla presa di Roma. Il Generale non poteva immaginare che, suo malgrado, appena due mesi dopo, il 24 settembre, avrebbe di nuovo fatto sosta a Pistoia nella stazione ferroviaria, allora punto nevralgico nel movimento fra Nord e Sud Italia, dopo che il governo, impaurito dall’ atteggiamento di Napoleone III, lo aveva “scaricato” e fatto arrestare a Sinalunga nei pressi del confine pontificio. In quel frangente i garibaldini ed i democratici pistoiesi tentavano inutilmente di liberare il Generale, destinato ad esser tradotto al famigerato carcere di Alessandria, dando poi vita a tumulti protrattisi in città fino al giorno 26. Ma di queste tre vibranti giornate, del ruolo svolto da Pistoia nel diffondere nel Paese la notizia dell’arresto, come dei sessantasei pistoiesi che di lì a poco, il 20 ottobre, sarebbero stati di nuovo vicini a Garibaldi nella sfortunata impresa di Mentana, speriamo di avere l’opportunità di parlarne più diffusamente in un prossimo articolo. (8)
Carlo Onofrio Gori
1) Cit. in C. Paiotti, Due garibaldini pistoiesi fra i Mille, in “Guidanuova” , pp. 96-98.
2) Cfr. C.O. Gori: Giuseppe Civinini. Profilo di un garibaldino pistoiese, in“Camicia rossa”, a. 22, n. 2 (mag./lug. 2002), pp.15-16
3) Cfr. Garibaldi a Pistoia. Mito, fortuna, realtà, Pistoia, Comune di Pistoia, 1982.
4) Cfr. G. Petracchi, Mito e realtà di Garibaldi in una città di Provincia. Pistoia 1859-1904, in Garibaldi a Pistoia...cit., pp. 12-53.
5) Cit. in E. Bartolini, Giuseppe Garibaldi e la sua visita a Pescia, in “Guidanuova” , pp. 105-109
6) Garibaldi a Pistoia. 14 luglio 1867, in “Il Progresso”, a. 1, (11 giu. 1882).
7) Garibaldi e Pistoia, n.u., Pistoia (17 lug. 1904), p. 7.
8) Altri pistoiesi sarebbero poi stati ancora col Generale con l'armata dei Vosgi a Digione nel 1871. Sulle vicende del monumento pistoiese a Garibaldi cfr.: C.O. Gori, Pistoia e Garibaldi: storia di un “tormentato” monumento equestre, in “Camicia rossa”, a. 22, n. 4 (nov. 2002/gen. 2003), pp.28-29. Su un noto pistoiese ammiratore di Garibaldi, cfr.: C.O. Gori, Policarpo Petrocchi ammiratore di Garibaldi. Profilo di un letterato pistoiese autore del Novo dizionario universale della lingua italiana, in “Camicia rossa”, a. 23, n.2/3 (mag./ott. 2003), pp. 29-30
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Sintesi degli articoli pubblicati su:
Carlo Onofrio GORI, ...e a Pistoia Garibaldi perse il poncho, in "Microstoria", n. 34 (2004);
Carlo Onofrio GORI, O Roma o morte! Garibaldi e le giornate “pistoiesi” del 1867, in "Camicia rossa", n. 1 (2004);
Carlo Onofrio GORI, ...e l'Eroe perse il poncho, in "Vibanca informa", (gen.-mar. 2011)
http://www.vibanca.it/pdf/viinforma_01_2011.pdf
Carlo Onofrio GORI, ...e a Pistoia Garibaldi perse il poncho, in "Microstoria", n. 34 (2004);
Carlo Onofrio GORI, O Roma o morte! Garibaldi e le giornate “pistoiesi” del 1867, in "Camicia rossa", n. 1 (2004);
Carlo Onofrio GORI, ...e l'Eroe perse il poncho, in "Vibanca informa", (gen.-mar. 2011)
http://www.vibanca.it/pdf/viinforma_01_2011.pdf
postato da: gorca49 alle ore 10:34 | link | commenti (17)
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