giovedì 19 gennaio 2012

Storia. Il Risorgimento dei Macchiaioli (martedì, 04 novembre 2008)


martedì, 04 novembre 2008

Storia. Il Risorgimento dei Macchiaioli

  


Fra “la meglio gioventù” dell’Ottocento:  i Macchiaioli,  pittori rivoluzionari e patrioti democratici

Un famoso e bel ritratto di Garibaldi, dipinto da Silvestro Lega, è stata forse l’icona più ricorrente delle recenti celebrazioni del Bicentenario. Il romagnolo-toscano Lega, che fu tra gli ultimi ad aderire alla corrente dei Macchiaioli per divenirne alla fine protagonista assoluto, lo tratteggiò nel 1861 sull’onda di un suo incontro con l’Eroe avvenuto tre anni prima a Modigliana dove il Generale si era recato per incontrare don Giovanni Verità, il sacerdote che nel 1849 lo aveva messo in salvo quando, dopo il fallimento della resistenza della Repubblica Romana,  era braccato dagli eserciti nemici.
Questa immagine corrucciata del Generale (che farà pendant con l’altro suo famoso ritratto di Mazzini morente) nella quale Lega, mazziniano coerente e “garibaldino”, sembra alludere anche al suo rammarico nel vedere delusi, all'indomani dell'unità italiana, gli ideali democratici in cui credeva e per i quali si era battuto, ci da l’occasione per ricordare questo movimento di giovani pittori, impegnati a superare accademie e romanticismi per ritrarre la natura dal vero, sviluppatosi a Firenze dalla seconda metà dell'Ottocento in parallelo all'insorgere delle passioni politiche e delle aspirazioni di unità e indipendenza suscitate dai moti popolari del '48.
Nei macchiaioli la volontà di rifondare il linguaggio artistico sarà infatti sempre strettamente legata alla forte tensione morale e al coinvolgimento nell’azione politica, ed  uno degli elementi accomunanti di questo gruppo di ammiratori di Mazzini e di Garibaldi sarà costantemente la condivisione dei valori di patriottismo e di democrazia, una democrazia dai connotati anche molto radicali, con evidenti propensioni  verso il socialismo, come ad esempio avverrà per Telemaco Signorini e Diego Martelli. 
Com’è noto il termine “Macchiaioli” fu coniato in senso dispregiativo da un anonimo giornalista in un articolo comparso sulla “Gazzetta del Popolo” di Torino del 3 novembre 1862, ma quei pittori  vollero  polemica­mente adottare il nuovo termine con una accezione positiva, come definizione e “segno” di un vero e proprio movimento operante nel periodo del trapasso dal gusto romantico a quello verista.  
II ritrovo culla e simbolo dei pittori fu il Caffè Michelangiolo, che non era nella zona del famoso omonimo Piazzale, come un distratto recensore di recenti mostre è stato indotto erroneamente a pensare, ma era giù in città, nella medicea via Larga (oggi via Cavour), già da allora una delle più belle strade di Firenze, a due passi dall’Accademia.
Il Caffè, che oggi non esiste più, si componeva di due locali , uno dei quali, come possiamo vedere in un famoso dipinto di Adriano Cecioni, decorato dagli artisti che lo frequentavano, e proprio in quella stanza già dal 1849-50, avvennero le prime  vivaci ed informali riunioni.
Gli artisti che costituirono quel nu­cleo “storico” e principale del movimento furono i fiorentini Cecioni, scrittore e scultore oltre che pittore, e Raffaele Sernesi; il livornese Serafino De Tivoli, il pisano Odoardo Borrani, il pesarese Vito D'Ancona; a loro si aggiunsero via via poco dopo il napoletano Giuseppe Abbati, il veronese Vincenzo Cabianca ed i fiorentini Telemaco Signorini e Diego Martelli, quest’ultimo ancora giovanissimo, che della corrente diverrà critico intelligente e mecenate sensibile.
Il periodo più vivo dei loro approfondimenti va dal 1854 al 1860, ma è dal 1856 che, con l’apertura al pubblico della collezione, ricca di capolavori della migliore pittura contemporanea france­se (compresi quelli della scuola di Barbizon precorritrice dell’impressionismo), conservata  nella Villa Pratolino del principe Anatoli Demidoff e con l’arrivo nel gruppo del napoletano Domenico Morelli,  del foggiano Francesco Saverio Altamura e del livornese Serafino De Tivoli, tutti reduci dalle esperienze artistiche parigine, le iniziali e confuse aspirazioni e sperimentazioni della corrente trovarono via via approdo in una maturazione più concreta che individuò chiaramente nell'accentuato contra­sto timbrico e chiaroscurale della “macchia” il principio fondante di una nuova maniera.
Dalla fine degli anni Cinquanta confluiscono nei macchiaioli altre importanti figure di artisti che contribuiranno a caratterizzare in modo indelebile la corrente: Giovanni Fattori, Raffaello Sernesi,  Giovanni Nino Costa,  Federico Zandomeneghi,  Silvestro Lega,  Giovanni Boldini, e di tanti altri poi considerati dalla critica “minori”.
Ed è  proprio in questi anni, con la guerra del 1859  e la fine del Granducato di Toscana e poi nel 1860 con l’Impresa dei Mille, che si apre un altro decennale e decisivo capitolo del movimento, riguardante non solo la ricerca pittorica, ma anche una partecipazione attiva di molti macchiaioli  alla battaglie del Risorgimento.
Borrani, Cabianca, Signorini, Martelli partirono volontari nel 1859, gli ultimi due con Garibaldi, come fu nel 1860 col Generale, Abbati, che nella Campagna meridionale perderà l'occhio destro, mentre Martelli tornerà con l’Eroe in quel fatale 1866, lo stesso in cui Sernesi, ferito e catturato in battaglia morirà a Bolzano prigioniero degli Austriaci a soli ventisette anni. Anche nel 1867 il romano Nino Costa, garibaldino convinto, che tanta influenza esercitò  sulla pittura dei fiorentini ed in particolare su Fattori, sarà col Generale a Mentana, come lo era stato  nel 1848 durante la Repubblica Romana e sarà, tra l'altro, uno dei primi ad entrare in Roma liberata dal potere pontificio nel '70.
Ma anche chi non partì in questi frangenti, darà poi il suo contributo sul piano artistico, ed è questo ad esempio il caso di Giovanni Fattori, pittore livornese (insieme con Signorini e Cecioni, teorico del gruppo) che anche se non si misurò sui campi di battaglia, fu in molti modi, fin dal ’48, sempre dalla parte dei patrioti, traendo ispirazione per tutto il resto del suo percorso artistico dai temi e soggetti di ambiente militare, destinati a divenire l’aspetto più noto, ma forse – fatte salve due o tre opere – non migliore, della sua produzione. Risultò, tra l’altro,  vincitore del famoso concorso, promosso alla fine del 1859 da Bettino Ricasoli,  riservato ad opere artistiche che si collegassero al soggetto militare risorgimentale, filone nel quale poi si confronteranno un po’ tutti i macchiaioli, da Lega a Signorini. Dell’opera di Fattori vale la pena qui ricordare, tra i tanti suoi famosi dipinti “militari”, il noto, semplicissimo e straordinario In vedetta con i tre soldati a cavallo che vengono quasi proiettati contro il muro calcinato e l’orizzonte piatto per il calore, e l’aspra immagine deLo staffato, opera tarda del 1880, che possiamo decifrare anche come simbolo dei sentimenti di dramma e di disagio suscitati in lui dal tradimento degli ideali del Risorgimento, nella quale un cavalleggero viene trascinato a morte dal cavallo che lo ha disarcionato lasciando sul terreno ampie strisce del suo sangue.
Occorre inoltre ricordare che anche il “nostro” Lega (che nel 1848 non aveva esitato ad arruolarsi volontario nel se­condo Battaglione Fiorentino insieme al fratello Carlo e ad altri artisti fiorentini, fra i quali Serafino De Tivoli, partecipando all'assedio di Mantova e alla battaglia di Curtatone), fornirà un’immagine indelebile della guerra del ’59 col suo famoso quadro in cui raffigura alcuni austriaci condotti prigionieri da nostri bersaglieri.
Del resto, osservando i quadri realizzati soprattutto intorno al 1859, vediamo che protagonista di vari dipinti macchiaioli è il tricolore italiano, e non sarà difficile individuare rapidi accostamenti di bianco, rosso e verde, talora assai minuti, segnali a volte furtivi e allusivi di un fervore patriottico autentico, presenti altre volte in maniera esplicita, ad esempio,  ne La prima bandiera italiana in Firenze nel 1859 di Altamura e ne Il 26 aprile 1859 di Borrani, che ricorda il giorno antecedente la partenza da Firenze del granduca Leopoldo II, costretto a furor di popolo a lasciare la Toscana.
Durante lo scorrere degli anni Sessanta quella passione patriottica che aveva animato gli artisti, e che indurrà alcuni di loro nel 1866 a lasciare i pennelli per prendere nuovamente il fucile, è progressivamente delusa dall'assetto politico che sta prendendo la nuova Italia unita, anche perché anche dopo l’annessione del Veneto,  rimangono aperte le ferite del Trentino e di Roma non ancora liberati.
E’ un periodo in cui tutto l’ entusiasmo e la passione dei pittori si  rivolgono ad un’attività febbrile che vede lo sviluppo e la precisazione della tecnica di macchia e che si esprime in sedi decentrate rispetto a Firenze e cioè nelle espe­rienze parallele, ma a volte anche dialetticamente dif­ferenti, avviate ambedue dal 1861 e concentrate attorno ai due cenacoli artistici, impropriamente poi definiti “scuole”, del  litorale di Castiglioncello, e della campagna fiorentina di Piagentina. 
A Castiglioncello Diego Martelli aveva ereditato una tenuta nella quale ospiterà per lunghi periodi i suoi amici pittori, che scoprono mare, radure e la luce stupenda delle albe e dei tramonti sulla costa, una natura oggi ahimé urbanizzata, ma allora splendida ed incontaminata, che si tra­dusse nelle mirabili Vedute e Marine di Abbati,  Sernesi e Borrani, ma soprattutto nelle solari te­le di Fattori, affermatosi a partire dal '67 come la figura dominante del gruppo. L’anima vera di Piagentina, nella campagna appena fuori Porta alla Croce, è invece Silvestro Lega, ospite dell'amico edito­re Batelli in un casolare vicino al punto (oggi coperto dalle strade e inglobato dalla città) dove il torrente Africo si butta(va) nelle verdi acque dell'Arno.
In questi due luoghi i pittori, dipingono en plain air e ragionano di ombre, di luce, di colore, ma anche di relazioni con la vita politica, sociale, intima, da cui per loro l'arte non può esser disgiunta, maturando nel contempo la convinzione che nell’Italia, ormai quasi del tutto unita sotto il segno della monarchia sabauda, è ormai  soffocata quella rivoluzione politica democratica ed egualitaria, in cui loro avevano sperato e per la quale si erano battuti insieme a tanti altri artisti e intellettuali.
Ed è in reazione al "tradimento" degli ideali mazziniani e dell'azione di Garibaldi, che i pittori trovano via via sbocco emotivo ed etico, sia nella calma ed evocativa ricerca illuministica di Castiglioncello, che evidenzia la bellezza dei luoghi in riva al mare e ispira la nostalgia dell'uomo moderno per la quiete del tempo passato, sia nella rappresentazione della vita quotidiana fra i casolari degli orti di Piacentina, intesa da Lega nella “purezza della forma dei maestri del Quattrocento” e con le spalle significativamente ben volte alla nuova Capitale del Regno e a quelle vecchie mura fiorentine che nel 1866 verranno distrutte.
Nel 1867, Telemaco Signorini sul “Gazzettino delle Arti del Disegno”, giornale ideato, edito e diretto dallo stesso pittore, tracciò in venticinque articoli un panorama dettagliato del movimento macchiaiolo, connotandolo come centro innovativo e fucina di soluzioni nuove, riconoscendo nella pittura naturalistica la forma d’arte più consona e rappresentativa del suo tempo nella fedeltà ad un paesaggio morale, prima ancora che naturale.  
La chiusura del “Gazzettino” (1868) coincise con la fine del periodo di maggior coesione del gruppo, che si andò progressivamente disperdendo dalla fine degli anni Sessanta per varie vicende, fra cui la morte di Abbati, e come abbiamo visto, di Sernesi, mentre Martelli e altri affrontavano il rapporto e il confronto con la contemporanea pittura impressionistica francese.
Finiva così la straordinaria esperienza di questa corrente artistica , e con essa una felice stagione creativa e ineguagliata nella pittura di tutto l’Ottocento italiano per il numero e la qualità dei pittori che vi presero parte.
Il movimento macchiaiolo fu deriso e non amato dai benpensanti del tempo e, per moltissimi anni, pressoché ignorato dalla cultura ufficiale italiana, ma, come dimostrano le numerose importanti mostre in questi ultimi anni a loro dedicate (e soprattutto e significativamente nel 2007 anno del Bicentenario di Garibaldi), il tempo è stato galantuomo con questi appassionati maestri, fuori dagli schemi virtuosi delle accademie e del purismo artistico, e capaci, ancora oggi, di parlare al cuore di quella gente semplice e dignitosa che loro raffigurarono con tanto amore e partecipazione e con una suggestione che mantiene  intatta tutto il suo fascino.
Un riconoscimento postumo e doveroso  per chi, come loro, si dimostrò autentico artista, artigianalmente votato ad un mestiere sentito con dedizione assoluta, nel raccordo fra arte e società e nel solco della trascrizione schiva, non “gridata”, ma fedele ed autentica in quanto sinceramente democratica e progressista, dell'etica risorgimentale.
E’ questa l’Italia seria, intraprendente, intelligente, tollerante, civile e giusta che tanti  connazionali, a partire dal Generale, avrebbero voluto, e che ci è storicamente troppo sovente mancata, e ci manca.

                                                                                    Carlo Onofrio Gori












Rielaborazione dell’articolo di Carlo O. Gori, Fra “la meglio gioventù” dell’Ottocento:  i Macchiaioli,  pittori rivoluzionari e patrioti democratici, in "Camicia rossa",  n. 3/4 (lug.-dic. 2007)

Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore.
                                                           Carlo Onofrio Gori  cog@interfree.it


0_Carlo_2007-2008


Commenti:
 
#1 04 Novembre 2008 - 10:12
COME VEDI L'HO LETTO SUBITO, BELLO, COME (QUASI) SEMPRE ANCHE QUESTO TUO ARTICOLO CHE VA INCONTRO ANCHE AI MIEI INTERESSI ARTISTICI.
SALUTI
MAURO
utente anonimo  (IP: 4f6204b5f7dcfd9)
#2 05 Novembre 2008 - 12:30
Anche se non mi sono fatto vivo da un pezzo e per noi amici appassionati di storia "magistrae vitae", che la stimiamo, caro dottore, lei ci semprende sempre riservandoci piacevolissime sorprese come questa. Si faccia vivo.
Tiziano Pacini
utente anonimo  (IP: 013268946ec5ee4)
#3 06 Novembre 2008 - 07:40
Probabilmente Barack Obama deluderà molte delle speranze di cambiamento che ha alimentato... e dovremo criticarlo aspramente per scelte non condivisibili... per chi vuole un mondo più democratico, più giusto, sostenibile e nonviolento: ma aver vinto le elezioni (negli Usa!)alimentando tante speranze di cambiamento... è gia un'impresa enormemente positiva.
Pensando al mondo schifoso e senza futuro che ha imposto Bush(basta pensare all'Iraq: 3.000 miliardi di dollari per una guerra criminale che l'ha devastato... provocando centinaia di migliaia di morti) ed alle promesse di Obama(anche se dovesse mantenerne solo il 20%), posso dire che da oggi sono più fiducioso sul futuro che vivranno la mia nipotina
e tutti i bambini e le bambine.
Giuliano
utente anonimo  (IP: ec83138d3e51fc4)
#4 07 Novembre 2008 - 14:00
SEI GRANDE GORI!
CONTINUA COSI'!
cari saluti dalla Basilicata.
utente anonimo  (IP: 0c50a25c3809bef)
#5 10 Novembre 2008 - 08:24
Caro professore, come vede la seguo sempre anche se è un po’ che per i miei impegni in Facoltà, non mi sono fatta viva.
Bello questo suo articolo sui “macchiaioli” anche se è un articolo necessario per i-non-addetti-ai-lavori, ma ovviamente “introduttivo” a quell’esperienza artistico-politica.
Io non mi sento una grande intenditrice di pittura, ma un po’, anche sulla scorta di passate esperienze scolastiche, la seguo ed ho visitato dall’anno scorso alcune delle mostre ( e ce ne sono state tante, forse troppe!) dedicate a questa gloriosa esperienza artistica risorgimentale. Ne ho purtroppo tratta la conclusione che sovente gli anniversari si concludono (lei nell’articolo ha giustamente notato, che qualche commentatore - e organizzatore? - sbagliava persino i riferimenti filologici) per essere funzionali soprattutto a qualche assessore alla cultura che vuol mettersi… in mostra (invece di mettere in mostra opere e descrizioni degne) oppure, ancora peggio, si riducono a scoppiettanti manifestazioni indirizzate al mercato d’arte.
Servirebbe invece un lavoro storico e serio di preparazione e presentazione che da una parte recuperasse efficacemente il contesto storico in cui si svolse quell’esperienza e che dall’altra fornisse al visitatore strumenti validi per un riesame alla luce d’oggi. Quest vale per la pittura, ma anche per tante altre occasioni culturali su altri temi.
Ma la faccio troppo lunga.
La saluto e la ringrazio per questo suo, come sempre, interessante articolo.
Caterina Guidi 
utente anonimo  (IP: 0e9e8141b67244e)
#6 12 Novembre 2008 - 18:41
Caro Carlo, ho letto questo tuo significativo articolo sui macchiaoli e mi permetto, da modesto, ma attento "addetto ai lavori" di consigliare a te e ai tuoi lettori questi due vicini, nel tempo e nello spazio, appuntamenti fiorentini, a mio avviso da non perdere:
L’altra faccia dell’anima. Ritratti di Giovanni Fattori (ottobre 2008 – gennaio 2009, curatori Giuliano Matteucci e Carlo Sisi), presentata dalla Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti su progetto dell’Istituto Matteucci.
"L’intento è di alzare il sipario su uno degli aspetti meno noti della complessa personalità dell’artista toscano, quello di grande ritrattista, di abile comunicatore di se stesso e della società del proprio tempo: una mostra dal taglio decisamente inedito che, esulando per una volta dallo stereotipo del pittore interprete di soggetti militari e di battaglie, trova la sua cifra distintiva e caratterizzante nello svelarne il lato, per certi versi, più meditato e ‘aristocratico’, il meno divulgato, ma certamente uno tra i più convincenti e a lui più cari.
Attraverso una galleria di oltre 60 ritratti che restituiscono un affresco affascinante e intrigante per conoscere, capire e interpretare la società toscana dell’epoca, la mostra assume il carattere di una proposta di studio volta all’approfondimento e alla rilettura critica dell’intera produzione fattoriana. Basata su un nucleo di grande eccellenza, del quale fanno parte alcune delle icone della ritrattistica di tutti i tempi - La cugina Argia, I fidanzati, Ritratto della prima moglie, Testo di buttero, Il bersagliere, Signore in giardino e il celebre Autoritratto del 1894 – l’esposizione vuole dare l’esatta misura dell’alto valore tecnico-creativo di Fattori, quale figura centrale del rinnovamento di questo genere pittorico nell’arte moderna italiana.
La mostra seguirà un percorso articolato in sette sezioni, all’interno del quale la figura transita dalla fase accademica e dai postulati di Giuseppe Bezzuoli al serrato e paritetico confronto con Giovanni Boldini negli anni Sessanta, per arrivare, con la produzione degli anni Ottanta, agli albori del Novecento, quando al senso dei valori plastico-formali si aggiunge una spiccata soggettività interpretativa. Si delinea così un iter artistico di grande umanità, oltre che una sorta di ideale testamento morale che non ha eguali nell’intera produzione macchiaiola, e non solo."
e poi la prossima:

Macchie di luce. I Macchiaioli e la fotografia (Museo Alinari, 4 dicembre 2008 – 15 febbraio 2009, curatrice Monica Maffioli).

Ciao. Mario
utente anonimo  (IP: f46ca47c926abeb)
#7 13 Novembre 2008 - 18:58
Il risorgimento, una macchia nera nella storia italiana.
La mia homepage: http://rifondazioneborbonica.splinder.com Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. Blocca questo utenteBorbonico
#8 26 Novembre 2008 - 15:12
Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea
nelle province di Biella e Vercelli "Cino Moscatelli"
Aderente all'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia "Ferruccio Parri"
13019 Varallo - via D'Adda, 6 - tel. 0163-52005; fax 0163-562289
istituto@storia900bivc.it
http://www.storia900bivc.it




È stato pubblicato il settantatreesimo volume dell’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli "Cino Moscatelli": Il nostro Sessantotto. 1968-1973. I movimenti studenteschi e operai in Valsesia e Valsessera, di Alessandro Orsi (2008, pp. 240, 12,00 euro), riedizione ampliata del volume già edito nel 1990.
Afferma l'autore: "Sono quarant’anni, dunque. Quarant’anni da quel 1968, mirabolante anno, diventato simbolo di avvenimenti e processi di cambiamento nel mondo, maturati negli anni sessanta e generatori di effetti prolungatisi nei decenni successivi. Anni di ideali e di brame di libertà. L’anniversario può servire a riflettere, ridiscutere e congetturare su come riaprire un canale di trasmissione di storia autentica e di valori validi.
Ecco un obiettivo, allora, del ripubblicare 'Il nostro Sessantotto': ci saranno pure lettori, spero anche giovani, curiosi di avere notizie sulle vicende del Sessantotto magari in un’area periferica come la Valsesia. Cerchiamo, quindi, di informarli".
Scrive Claudio Dellavalle, autore delle prefazioni di entrambe le edizioni del volume: "Per la nuova edizione de 'Il nostro Sessantotto' Alessandro Orsi presenta alcuni materiali e avvia una nuova fase di riflessione sull’attualità di quell’esperienza. Opportuna l’integrazione, opportuna la pubblicazione del volume, che a mio avviso resta tra i migliori risultati di conoscenza del movimento nelle sue articolazioni periferiche.
Venne allora posta in termini di movimento, di partecipazione di massa, la questione dell’ammo­dernamento della democrazia italiana, questione che fu accolta solo in minima parte in un riformismo di corto respiro e nelle sue richieste più impegnative venne contrastata e deviata.
È opportuno rileggere il Sessantotto senza paraocchi ideologici, con gli occhi di chi l’ha vissuto, con tutte le complessità che l’accompagnarono, come il libro ci aiuta a fare".


Alessandro Orsi è nato a Varallo nel 1949, è cresciuto a Crevacuore, oggi risiede a Borgosesia. Per un ventennio ha insegnato Letteratura italiana e Storia nelle scuole medie superiori; dal 1993 è dirigente scolastico dell’Istituto alberghiero “Pastore” di Varallo-Gattinara (Vc).
Si occupa di istruzione, storia e turismo, de­gli ideali dell’area progressista, dell’educazione sco­lastica e della solidarietà. Collabora con riviste e giornali locali, con movimenti e associazioni a fa­vore del territorio valsesiano. Ha scritto testi per volumi di fotografie e per filmati, per diffondere la conoscenza degli aspetti sto­rici, culturali, gastronomici del­le nostre valli.
Ha pubblicato: “Il nostro Sessantotto” (1990, oggi presentato in seconda edi­zione ampliata) e “Un paese in guerra” (1994; 20012), con l’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli; “Splendid Park Hotel” (1995; 20032), “Andare a scuola” (2002), “Una storia gu­stosa” (2004) e “Rosa e Nepal” (2005), con Idea Editrice; “Passeggiando nella gastronomia Walser” (2007) insieme ad Adolfo Pascariello e Giancarlo Cometto, con Edizioni Lassù gli ultimi; “Il Sottile lume dell’Ospizio” (2007), con Gruppo 2esse.
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#9 14 Febbraio 2009 - 11:21
Naturalmente ti citerò. Nel secondo semestre dell'a.a. avrò un corso intitolato ai miti alle passioni e alle disillusioni del Risorgimento italiano nelle opere pittoriche.
A proposito, so poco o nulla della visita di Garibaldi a Manzoni (dipinto a parte). Ne sai qualcosa di più tu (mi permetto di darti del tu)?
Grazie per la pagina sulla Repubblica Romana e su altre che sto leggendo.
Jacqueline
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#10 12 Dicembre 2010 - 10:09

un articolo estremamente interessante che il lettore non ha difficoltà a leggere come un tutt' uno sia i fatti storici sia quelli artistici, pittorici nello specifico, relativi ad essi, con particolare cura e attenzione agli artisti che hanno, non solo dipinto scene di costume e di paese di quel periodo, ma anche ritratto con passione patriottica scene  di battaglia di morte perché vi hanno  partecipato fisicamente sul campo. e la loro è una poetica che non comprende la sospensione dalla realtà ma è pennello nudo che fa della tela saldo e duraturo testimone supporto agli ideali di libertà e unità d' uguaglianza.
la saluto cordialmente
(paola lovisolo per la redazione di Viadellebelledonne)
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#11 27 Febbraio 2011 - 09:27
Ringrazio su chi torna su questo mio "vecchio" articolo sui nostri, grandi, risorgimentali, Macchiaioli. Oltre alla gentilissima Paola Lovisolo, una sapiente curatrice, insieme ad altri del blog di viadellebelledonne, sul quale questo post è stato recentemente ripubblicato, ringrazio la prof.ssa arch. Concetta Sidoti Abate che così  in questi giorni mi ha scritto: 
Da:"Arch. Sidoti Concetta" <sidoticoncetta@tiscali.it>   [Aggiungi alla rubrica]
 A:<cog@interfree.it>
 Data:26 Feb 2011 - 09:42
 Oggetto:Richiesta consenso all' utilizzo di un articolo
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Gentile Professore, sono architetto e insegnante di arte e immagine. Potrei adoperare il suo articolo

Storia. Il Risorgimento dei Macchiaioli

 per uno studio sul Risorgimento nell' arte che stiamo svolgendo con i miei allievi? Penso che ne trarremo alcune parti per una presentazione multimediale, nella quale sarebbe citato in forma adeguata. Cordiali saluti. Concetta Sidoti Abate

ed io così ho risposto: "Gentilissima Arch. Concetta, La ringrazio per la Sua cortese attenzione e sono onorato della Sua richiesta. Utilizzi pure, citando, ovviamente, la fonte. Sono a Sua disposizione per qualsivoglia altra Sua richiesta in merito agli argomenti in oggetto. Buon lavoro e cordiali saluti.  Carlo O. Gori"
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#12 24 Marzo 2011 - 06:55
Commenti all'articolo sul blog di Viadellebelledonne.blogspot.com:





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    brava, Paola, storica dell’arte commista con la nostra storia nazionale! questa si chiama passione e, se la nostra era in qualche modo assopita, la stai risvegliando con i tuoi frequenti articoli che ci riportano alla memoria o ci fanno conoscere ex novo artisti e momenti della storia dell’arte italiana e non.







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    sono io che ringrazio te per le parole sempre adatte sempre sul fatto che come già ebbi modo di scrivere denotano un’ attenzione che necessita di concentrazione. il che è prezioso. sono contenta che tu abbia scritto quello che hai scritto sotto questo articolo di Gori che ringrazio ancora con tutto il cuore per la prestigiosa concessione e per l’ offerta di collaborazione futura che spero di poter mettere a frutto insieme. e poi Blumy non so se ci sia qualche passione da risvegliare in qualcuno e nemmeno ho questa presunzione, certo è che mi piacerebbe come sai vedere Viadellebelledonne animarsi accogliere condividere aggregare inseminare e inseminarsi di cose del mondo.
    ciao
    paola










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    #13 27 Marzo 2011 - 09:15
    metto questo uscito su FB:

    Carlo Onofrio Gori piace un linkCarlo Onofrio Gori: fra “la meglio gioventù” dell’Ottocento: i Macchiaioli, pittori rivoluzionari... it.paperblog.com Silvestro Lega: Ritratto di Giuseppe Garibaldi, 1861   Un famoso e bel ritratto di Garibaldi, dipinto da Silvestro Lega, è stata forse l’icona più ricorrente delle recenti celebrazioni del Bicentenario. Il romagnolo-toscano Lega, che fu tra gli... giovedì alle 11.18 · Mi piace ·  · Condividi
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