giovedì 19 gennaio 2012

Storia. Ferdinando Martini (1841-1928), intellettuale e politico toscano fra Risorgimento e Italia nuova (venerdì, 11 luglio 2008)


venerdì, 11 luglio 2008

Storia. Ferdinando Martini (1841-1928), intellettuale e politico toscano fra Risorgimento e Italia nuova

  


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Un conservatore ..."illuminato"

“Quando il primo d’ottobre montavamo in carrozza per andare a Monsummano, il pensiero di passar là cinque settimane mi cagionava una commozione di così acuta dolcezza, che una volta, tra le canzonature di mio fratello, gli ammonimenti di mia madre e le risa del cocchiere, sbottai in un pianto dirotto. Ma quanto amare le lacrime nuove, quando a San Martino si pigliava la via del ritorno! Tutto un singhiozzo da Monsummano a Firenze…” 
Cosi Ferdinando Martini descrive la sua infanzia in Valdinievole. Pochi uomini seppero, come Martini, conciliare spontaneamente l'impegno culturale e l'impegno civile, per questo ebbe a meritarsi l'appellativo di "uomo ariostesco" coniato per lui dal critico Guido Mazzoni. Egli fu innanzitutto un letterato che stupisce ancora oggi per la poliedrica ecletticità della sua produzione che investì i campi più diversi spaziando dal giornalismo, alla critica, dal teatro, alla narrativa, alla memorialistica, ma fu anche politico e ministro, africanista, storico del Risorgimento, bibliofilo, e tante altre cose ancora, "un uomo  - come ebbe a dire Spadolini- a cui nessun orizzonte fu negato, ma che non è possibile catalogare e rinchiudere dentro nessuna cerchia".
Ferdinando Martini nacque nel 1841 da una colta e signorile famiglia fiorentina che poteva vantare ministri, alti dignitari granducali e possedimenti in Valdinievole. Il giovane Ferdinando ebbe quindi il privilegio di poter conoscere i personaggi più in vista della Firenze del tempo e da ciò ne trasse molti insegnamenti, ma chi gli "fu maestro come gli studi regolari non seppero essere", fu soprattutto il suo precettore Tommaso CogoPasseggiando con lui per Firenze, Martini si appassionerà alla storia della sua città e maturerà quel senso profondo di devozione alla Toscana che unito all'amore risorgimentale per la patria "più grande" lo caratterizzerà sempre, mai però nel senso di un gretto nazionalismo, poiché la sua formazione culturale, alimentata dalla passione per i viaggi, spazierà su orizzonti europei e cosmopoliti.
Tuttavia "il suo Virgilio", fu Enrico Nencioni, colui che lo indirizzò all'amore per le letture, prima odiate, ma che sarebbero poi divenute "il continuo e il solo indisturbato godimento della sua vita". Con il suo aiuto inizia gli studi trascorrendo intere giornate nella biblioteca della villa dello zio Giulio a Monsummano. Alcune commedie recitate all'Istituto Rellini insieme ai suoi compagni e vari articoli di critica letteraria segnano i suoi esordi nell'ambiente culturale cittadino, mentre è del 1857 la sua prima raccolta di scritti in prosa "Il Giglio fiorentino". Primi passi che rivelano precocità di ingegno unite alla versatilità e varietà di interessi che sempre lo contraddistingueranno.
Nel 1862 muore il padre Vincenzo, Ferdinando scopre il dissestopatrimoniale della famiglia, ed indebitato, è costretto a disfarsi dei suoi beni dedicandosi professionalmente alla letteratura drammatica ed all' attività giornalistica. E' nel 1863 che, chiamato dall'amico Piero Puccioni, inizia a collaborare a "La Nazione". Nel 1869 accetta la nomina per la cattedra di lettere alla Scuola Normale di Vercelli, mentre nel 1871 passa ad insegnare a Pisa dove resta fino al 1872 e dove, tra l'altro, ha la rara occasione di scorgere Giuseppe Mazzini solitario pensionante della famiglia Rosselli. Prosegue anche nella sua attività giornalistica e letteraria, continua a lavorare per "La Nazione" e, occasionalmente, per la "La Gazzetta del popolo". Dal 1871 con gli pseudonimi di Fantasio e Fox pubblica i primi articoli sul "Fanfulla" un quotidiano che, nato nel 1870 a Firenze (pubblicato dal 1871 a Roma), si differenzierà dagli altri del tempo per varietà, vivacità e dignità di contenuti e che, dal 1876, si opporrà alla Sinistra.
Nel 1874, ormai gode di larga fama in campo teatrale, artistico e letterario ed è un "opinion-leader" che sa cogliere e reinterpretare le aspirazioni ed i gusti di un pubblico sempre più crescente di lettori (e di elettori!). Inizia così il suo iter politico che lo porterà a raggiungere posizioni di primo piano. Accetta infatti la candidatura che la Sinistra gli offre a Pescia per le elezioni del novembre di quell'anno e dopo intricate vicissitudini elettorali nel 1876, sotto il primo ministero Depretis entra in Parlamento (ci siederà per più di quarant' anni!). Pur militando per lungo tempo nei banchi della Sinistra parlamentare Martini sfuggirà sempre a rigide catalogazioni di appartenenza politica come, appunto, già all'inizio dimostrano i suoi rapporti col "Fanfulla". Sarà infatti sempre difficile individuare in modo determinante una collocazione politica per questo intellettuale arguto e libero. Se proprio vogliamo trovare una definizione per il suo pensiero politico, al di là dell’appartenenza agli schieramenti parlamentari, lo potremmo definire un conservatore illuminato come, ad esempio, bene ci rivela una sua lettera ad una sua amica, la signora Caterina Pigorini Beri:“Neanche io credo all’avvenire delle turbe, o alla intelligenza delle folle, ma credo, scusi, che il mondo sia piena di ingiustizie e che i socialisti, non si spaventi, vagheggino uno stato sociale più cristiano; e che cristiani non siano quei miei colleghi che rivogliono nelle scuole il parroco e la dottrina.Credo che nell’avvenire si troverà il modo di …fare meno aspre e meno gravi le disparità delle condizioni economiche. Credo che dovremo farlo noi classi dirigenti se abbiamo un po’ di cuore e un po’ di senno e un po’ di carità. …certo non lo si può fare ad un tratto [ma ] possiamo avviarlo, prepararlo, se no un giorno o l’altro ci impiccheranno e se mi impiccheranno prima di Rotschild mi dispiacerà perché l’avrò meritato meno di lui C’impiccheranno le turbe, le folle inintelligenti?   Si signora, violente, ignoranti, ma che han diritto di mangiare anche loro, a meno che uno scienziato non trovi il modo di fare loro lo stomaco diverso dal nostro. E lei che … alla scienza ci crede, può svagarsi aspettando questa scoperta…Io invece …quella scoperta non l’aspetto e vorrei che si provvedesse altrimenti. Le perdono vede un po’ tutte le sue infedeltà che mi ha fatto, ma non le perdono d’essere una così arrabbiata conservatrice”.  
Nel 1879 crea e dirige il supplemento letterario di quel quotidiano, il poi famoso "Fanfulla della domenica", primo settimanale di respiro nazionale con cui entreranno via via in contatto tutti i letterati del tempo (1879-1919) dal Carducci al Dannunzio. Nel 1881 Martini lascia la direzione del settimanale all'Avanzini e fonda "La Domenica letteraria" e poi il "Giornale per i bambini" su cui Collodi pubblica a puntate la sua Storia di un burattino, il celebre capolavoro Pinocchio.
Nel 1884 diviene sottosegretario alla Pubblica Istruzione di cui sarà Ministro nel 1892/93 durante il Governo Giolitti. La breve e travagliata vicenda di quel Governo non diede tempo a Martini di avviare il suo serio programma di rinnovamento dell' Università che, scontrandosi con consolidati interessi clientelari, prevedeva, tra l'altro, la riduzione e il rammodernamento delle sedi accademiche. Di tale coraggioso progetto rimarrà traccia in due articoli pubblicati dalla "Nuova Antologia" del marzo-aprile 1884.
La passione di erudito e la curiosità intellettuale portarono Martini, a studiare con serietà e competenza anche i problemi dell'Africa divenendone il maggior esperto parlamentare. Fu così che venne nominato Vicepresidente di una Commissione d'inchiesta inviata in Eritrea per esaminare il comportamento scorretto di alcuni funzionari governativi e che pubblicò il libro Nell'Affrica Italiana, intenso e suggestivo resoconto dei suoi appunti di viaggio. Fu poi dal 1897 al 1907 Governatore dell'Eritrea, ma senza interrompere il suo lavoro intellettuale, alternando gli studi su Giuseppe Giusti (di cui fu il maggiore storico, malgrado che, nel tempo, fra le due famiglie in Valdinievole, sembra fosse intercorso qualche dissapore) con i rapporti sulla Colonia. Di quell'esperienza ci rimangono i quattro volumi del Diario Eritreo pubblicati postumi.
Studi recenti hanno sfrondato alcuni miti, sorti prima e durante il fascismo, circa il Governatorato di Martini. Martini non fu né il salvatore della colonia Eritrea contro un governo (Giolitti) che avrebbe voluto disfarsene, né il suo valorizzatore economico, nè il colonialista "buono" particolarmente attento alle esigenze dei nativi e nemmeno il precursore dell'Impero fascista. Arrivato in Eritrea appena dopo la disfatta di Adua, Martini facendo ricorso al buonsenso di conservatore illuminato che sempre lo contraddistinguerà, salvò (e conservò) il salvabile, opponendosi alle velleità dei militari che cercavano l'incidente per riaprire sconsideratamente la partita e lasciò sostanzialmente la strada aperta per successive espansioni.
Nel 1908, ormai insofferente del suo ruolo "africano", riuscì a tornare, anche contro la volontà di Giolitti, in Italia. Per inciso tra Giolitti e Martini non corse mai buon sangue: troppo "politico" e rigidamente "piemontese" l'uno, gran signore toscano l'altro, intellettuale rigoroso e colto, ma anche ironico e disincantato, tanto da definire, ad esempio, lo statista di Mondovì come "un carabiniere travestito da guardia di pubblica sicurezza in borghese". Giolitti gliela farà poi pagare nel 1919 rifiutandosi di nominarlo senatore.
Deluso della politica e dai politici, Martini si ritira a Monsummano nella quiete della sua prediletta Valdinievole per attendere ai suoi studi ed ai suoi scritti. Alla vigilia della prima guerra mondiale torna alla politica avvicinandosi decisamente allo schieramento conservatore: Ministro delle Colonie nel Governo Salandra fu risoluto interventista. Una scelta forse dettata da spirito irredentista risorgimentale, dalla predilezione per la cultura francese, ma, concretamente motivata da mire egemonistiche verso l'area balcanica e centroeuropea. Il suo Diario 1914-1918 ci rivela, tra l'altro, che in pratica furono Martini e Salandra a decidere (a Frascati il 17 settembre 1914) l'entrata in guerra dell'Italia contro l'Austria.
I turbolenti anni del dopoguerra, l'esplodere della lotta di classe, videro la fine del vecchio sistema politico fondato sul prestigio personale sancita nelle elezioni del 1919 (tenutesi col "proporzionale"), anche in Valdinievole, dalla sconfitta degli esponenti più rappresentativi del liberalismo: Martini non venne rieletto e amareggiato tornò a vita privata. Trascorse le giornate nella sua ricchissima biblioteca raccontando cinquant'anni di vicissitudini personali (e di storia del Paese) nelle due raccolte di Confessioni e ricordi, ritenute da tutta la critica la sua opera migliore di grande memorialista. Allarmato per la svolgersi degli avvenimenti durante il "biennio-rosso", preso anche fisicamente di mira come "guerrafondaio" Martini, come del resto altri esponenti della classe politica liberale del tempo, finì per vedere nell'affermarsi del fascismo l'unico argine al "disordine" montante. Non risulta che aderisse al movimento, come il Regime dopo la sua morte volle far apparire, ma ne fu un autorevole fiancheggiatore ed il fascismo gli fu riconoscente nominandolo Senatore nel marzo 1923 e Ministro di Stato nel 1927.
Morirà a Monsummano il 24 aprile del 1928. Gli eredi vendettero la sua ricchissima biblioteca, ricca di circa 15.000 volumi e 12.000 opuscoli, giornali toscani, edizioni originali, cinquecentine, codici etiopici, alla Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia che l'affidò alla Biblioteca Forteguerriana di Pistoia di cui adorna, anche nelle sue suggestive strutture in legno, la Sala V.
                                                                                                                           
                                                                              Carlo Onofrio Gori


Rielaborazione e sintesi di interventi in alcune conferenze e di vari articoli di Carlo O. Gori apparsi nel tempo sulle riviste: "Microstoria", "Camicia rossa", "Notiziario fotografico Pistoia".
Questo articolo è riproducibile, del tutto o in parte, avendo però cura di citare chiaramente l'autore e le fonti.


Commenti:
 
#1 14 Luglio 2008 - 15:13
 
l'avevo già letto, ma è sempre un bell'articolo, complimenti! Alessandro
utente anonimo  (IP: 3589f931ef53935)
#2 18 Luglio 2008 - 14:53
 
“A CHI CREDE E A CHI SPERA
NEGLI UOMINI E NELLE DONNE”


MARTEDI’ 22 LUGLIO 2008

MARCIA DELLA CONVIVENZA

CAMMINIAMO INSIEME PER UNA CULTURA ALTRA,
LA CULTURA DELL’APERTURA E DELL’ ACCOGLIENZA
CONTRO LA NON-CULTURA
DELLA PAURA E DELL’EGOISMO.

PARTENZA ORE 18.00 PIAZZA INDIPENDENZA
ARRIVO ORE 21.00 PIAZZA DELLA SIGNORIA

PER LASCIARE LA NOSTRA IMPRONTA
CONTRO TUTTI I RAZZISMI

Sarà con noi ed interverrà Don Andrea Gallo della Comunità di San Benedetto al Porto di Genova.

PER INFORMAZIONI TEL 055 373737 ; E-MAIL culturaaltra@gmail.com
BLOG http://culturaaltra.blogspot.com 
utente anonimo  (IP: 3589f931ef53935)
#3 18 Luglio 2008 - 15:02
 
Concordo con il sig. Alessandro: veramente una figura interessante della cultura e della toscanità quella di Ferdinando Martini, peccato sia stata finora, dico al tempo d'oggi, pressochè sconosciuta.
Grazie Gori per avercela fatta riscoprire
Tiziana Capecchi
utente anonimo  (IP: 3589f931ef53935)
#4 01 Agosto 2008 - 16:11
 
Caro Carlo ti "giro" questa (ciao G.):


L'avviso di garanzia inviato martedì al presidente Giuseppe Rotelli e ai direttori del Gruppo San Donato, con 18 cliniche e 5.000 dipendenti distribuiti tra Milano, Pavia, Como e Bergamo, si inscrive nel dilagare di accuse di truffe e danni al sistema sanitario lombardo che hanno avuto il loro punto di massima espressione nel famigerato e notissimo scandalo Santa Rita.
Il gruppo regionale del Prc aveva già pubblicato un libro bianco e condotto un'insistente campagna di denuncia, informazione e mobilitazione, ravvisando nel modello della sanità di Formigoni, che si è perfezionato in tre consecutive legislature, l'attacco più insidioso da parte di un'istituzione ai diritti sociali e alle garanzie pubbliche verso i cittadini.
Forse è bene stimare il peso e il ruolo dell'apparato assistenziale e sanitario della Lombardia per capire quanto sia decisivo coinvolgere l'opinione pubblica nazionale in una riflessione critica schiettamente politica, fin qui scansata dalla propaganda della Giunta lombarda sulla "virtuosità" dei dati di contabilità e di bilancio separata dal grado di salute e benessere conseguito.
Non è un caso che gli indici calcolati dalla campagna di Sbilanciamoci pongono la Lombardia solo al settimo posto tra le Regioni italiane per grado di soddisfazione dei servizi erogati.
Ma veniamo ai numeri.
I posti letto sono attestati attorno a 400mila, con una diminuzione negli ultimi sette anni di 12.480 unità nel pubblico e di 897 nel privato.
Nelle residenze per anziani i posti letto sono in continua crescita, per un totale di 42.000 e con un netto vantaggio verso i privati.
La spesa sanitaria è passata dai 7 miliardi del 2002 agli attuali 16 miliardi. In compenso, la parte a carico dei singoli cittadini è cresciuta del 19,2%.
I ricoveri nel privato sono aumentati del 41,3% e le prestazioni ambulatoriali sono passate da 70 a 166 milioni, con un aumento fuori dal pubblico del 136%.
Nulla è avvenuto a caso. Si è andati all'assalto del sistema pubblico con la libertà di scelta, la separazione tra ospedali e Asl, il principio di accreditamento e di parità tra soggetti erogatori pubblici e privati.
Nella regione più ricca d'Italia ci si stupisce della crisi industriale, si parla di capitalismo molecolare, ma nessuno vuole vedere che accanto a 27 milioni di mq di aree dismesse e di una secca perdita di occupazione direttamente produttiva sono cresciute le Multimedica, le Humanitas, le San Donato, con margini di profitto e coperture di mercato sconosciute alle imprese industriali.
Che sia questa la ragione economica che, assieme al consumo di territorio, rende così appetibile curare anziché prevenire e costruire grandi infrastrutture anziché ridurre il traffico e favorire la mobilità con mezzi pubblici?
Si capisce allora l'allarme della destra per l'emergere delle gravi irregolarità del modello lombardo.
Perfino la corruzione denunciata in Abruzzo è servita al Presidente Formigoni per ribadire che il sistema da lui realizzato non sarebbe, al contrario di altri, esposto a episodi di malversazione.
L'ha immediatamente smentito la Guardia di Finanza di Milano con i 24 nuovi avvisi di garanzia e il sequestro preventivo di due milioni di euro.
Non ce la faranno a convincerci che il caso dei polmoni e delle protesi, gli uni tolti, le altre innestate in base ad una ragioneria da macelleria, il ricovero di numeri sospetti di migranti senza nome e il rimborso come intervento chirurgico della rimozione di nei siano l'effetto di una deviazione rara e deprecabile e non la spia di una possibilità insita nel sistema, che ha creato negli ospedali una struttura aziendale con contabilità industriale per favorire il rigonfiamento degli utili.
Eppure, il governo nazionale fa sapere che è proprio al modello lombardo che si vuole ispirare per la nuova sanità. Ripristino dei ticket, riduzione dei posti letto pubblici, le mutue sullo sfondo, la riduzione di 7 miliardi di spesa sociale da qui al 2011. E proprio Rotelli, il presidente del gruppo ospedaliero San Donato, ha cercato dieci giorni fa di lanciare un grande piano per il rinnovo del sistema ospedaliero italiano basato sul project financing e sulla concorrenza tra pubblici e privati.
A detta di questo "imprenditore della salute" indagato, oggi ci sarebbero finalmente, con il governo Berlusconi, come nel caso di Formigoni in Lombardia, le condizioni istituzionali per l'affondo.
Ma tira un vento nuovo: il re è nudo agli occhi dei malati, i più indifesi, ma anche i più intransigenti. L'opinione pubblica ha capito che non basteranno le litanie formigoniane sull'eccellenza a esorcizzare un giudizio inappellabile sulla rincorsa al profitto a danno dei pazienti.
Bisogna andare alle radici del male, che ha origine sia da normative regionali (la legge 31 del 97) sia nazionali (il decreto De Lorenzo del 1992) e cominciare a proporre dalla Lombardia una serie di progetti di legge che smantelli i pilastri di un sistema da modificare qui, ancor prima che venga proposto dal Governo di destra per tutto il Paese.
Sono almeno quattro i punti su cui fare proposte alternative: una programmazione sanitaria pubblica e partecipata (da cittadini ed enti locali), fondata sulla conoscenza epidemiologica dalla quale rilevare i reali bisogni dei cittadini; la modificazione sostanziale del sistema di finanziamento a prestazione (Drg, che paga la malattia) con un sistema basato su budget (che paga la salute); la revisione delle modalità di accreditamento che, su base dei risultati di buona salute, introduca dei limiti alle prestazioni erogate dai soggetti privati e le riduca progressivamente; la realizzazione delle "case della salute", cioè di luoghi pubblici territoriali principalmente di erogazione delle cure primarie e di partecipazione dei cittadini.
Su queste materie stiamo predisponendo progetti di legge sui quali costruire una campagna regionale a livello istituzionale, politico e sociale. Ci occorre il sostegno di lotte e di rivendicazioni a partire dai territori e dagli stessi operatori sanitari. Finora è emersa solo la punta di un iceberg che l'opposizione ha il dovere di scovare e di far giudicare in tutti i suoi risvolti ai cittadini, ai lavoratori, ai pensionati.

Mario Agostinelli, capogruppo regionale Prc Lombardia
utente anonimo  (IP: 3589f931ef53935)
#5 20 Agosto 2008 - 17:30
 
buono anche questo...seppur in ritardo...un bacio...Anna C.
utente anonimo  (IP: bb4bcd669dfab02)
#6 29 Agosto 2008 - 07:43
 
I tuoi articoli sono sempre molto interessanti, ma scrivi un po' di più.
Mauro Raddi
utente anonimo  (IP: e26d3b915877754)
#7 06 Settembre 2008 - 08:41
 
Caro Professore,
mi rammento di aver seguito con interesse la Sua bella e memorabile conferenza su Martini di qualche anno fa alla Biblioteca di Monsummano, alla quale ero anche intervenuto sebbene, visto il posto, con termini molto più sfumati di quelli con i quali mi esprimerò fra poco, e ho letto con altrettanto interesse questo suo articolo sul blog.
Comunque, nella sostanza, il mio giudizio su Martini non cambia e si può riassumere qui in poche parole: eccellente letterato e giornalista, ma politico guerrafondaio e fascistone.
Che ne pensa? Sono troppo drastico?
Cordiali saluti e complimenti ed auguri per i suoi sempre interessanti e documentati lavori.

Giorgio Balleri
utente anonimo  (IP: b95b5c27950963d)
#8 06 Settembre 2008 - 17:21
 
Ormai non più giovanissima, sono da tempo appassionata di storia, specialmente di storia della mia città, Firenze, e di storia toscana ed anch'io ho scoperto ora il suo blog che un amico mi ha consigliato di visitare. E' veramente il suo un lavoro molto utile, documentato e spesso avvincente. Vedo che non riceve molti commenti da altri bloggers, ma questo penso sia una conferma della validità dei suoi scritti perchè la gran parte dei blogs che ci sono in giro propongono contenuti inutili, intimistici e autoreferenziali.
Bravo Gori, continui così.

Mara Poli

P.S.

Le segnalo nei commenti gli articoli che mi sono piaciuti di più.
utente anonimo  (IP: b95b5c27950963d)
#9 30 Ottobre 2011 - 18:59
 
Conferenza di Carlo Onofrio Gori a Monsummano su Ferdinando ...   ricerca.gelocal.it/iltirreno/archivio/iltirreno/.../ZP4PO_ZP421.html 26 feb 2003 – Conferenza di Carlo Onofrio Gori a Monsummano su Ferdinando Martini. 26 febbraio 2003 — pagina 09 sezione: Pistoia. PISTOIA. ...
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