giovedì 19 gennaio 2012

Storia. Il partigiano gentiluomo (domenica, 18 giugno 2006)


domenica, 18 giugno 2006

Storia. Il partigiano gentiluomo

  

Storia. Il partigiano gentiluomo

Pier Luigi Bellini delle Stelle, ovvero “Pedro”: il conte “garibaldino” che arrestò Mussolini


La foto di una classe, una quinta ginnasio del 1935, che compare sulla copertina di un libro uscito quasi trent’anni fa, “La scuola nel regime fascista: il caso del liceo classico di Pistoia”, ritrae alcuni studenti del “Forteguerri” che, non molti anni dopo, posti di fronte alla dura prova dell’armistizio dell’8 settembre 1943, sapranno “reagire e scegliere con sicurezza e maturità” (1).
Un loro compagno di classe, il medievalista ing. Natale Rauty, in una sua recensione a quel libro ricordava i nomi di tre caduti: Mario Caterini, Iacopo Barbi, Silvano Fedi, leggendario capo partigiano pistoiese, ed infine quello di “
Pier Luigi Bellini delle Stelle, che al comando di bande partigiane del Comasco arrestò Mussolini a Dongo” (2).
Di Bellini delle Stelle, a parte le vicende strettamente connesse a quello storico episodio, si è parlato e si sa ancora molto poco (3).
Nasce a Firenze il 14 maggio 1920, compare nell’elenco ufficiale della nobiltà italiana del 1934 insieme al padre Ernesto ed alle sorelle Maria Luisa ed Eleonora. Nel 1926 il padre, colonnello, trasferisce la famiglia a Pistoia che va a risiedere in un palazzo di via Porta San Marco dove ora al n. 11 ha sede la Chiesa Evangelica. Alcuni amici pistoiesi ricordano Bellini come un ragazzo semplice ed alla mano che non ostentava la propria appartenenza nobiliare in un tempo in cui era quasi d’obbligo il farlo ed anche in seguito, chi lo conobbe, confermerà i tratti di modestia e riservatezza di questo gentiluomo fiorentino, leale, intelligente e colto, delineando la figura di “
un uomo indimenticabile” (4).
Nel settembre del 1936 i Bellini tornano a Firenze andando ad abitare in via Pacinotti n. 3 nei pressi della Stazione di Campo Marte. Per ricostruire gli eventi successivi che portarono il conte Bellini a combattere nelle “Brigate Garibaldi” che erano organizzate dal PCI, anche se ovviamente non tutti i “garibaldini” erano comunisti, occorre leggere la prima parte del suo libro, tradotto in varie lingue, ma oggi ormai quasi introvabile, “
Dongo ultima azione” edito da Mondadori nel 1962 (poi ripubblicato nel 1975 col titolo “Dongo: la fine di Mussolini”) e scritto sulla base dei genuini appunti vergati in quei giorni insieme al suo fedele e noto vice Urbano Lazzaro (“Bill”).
Dopo l’armistizio le notizie dei rastrellamenti e delle fucilazioni compiute dai nazifascisti e la vista dei prigionieri ammassati nei carri bestiame che sostavano alla Stazione di Campo Marte e delle violenze tedesche verso alcune donne che cercavano di portare acqua e cibo ai disgraziati, portano Bellini a maturare la convinzione che 
“…Mussolini e i suoi erano solo degli usurpatori che si reggevano al potere solo in virtù dell’appoggio tedesco e di spietati metodi di repressione…il mio sdegno contro gli uni e contro gli altri – scrive – aumentava di giorno in giorno…Mi convinsi così che mi sarebbe stato impossibile rimanermene con le mani in mano ad attendere la salvezza e la liberazione da altri, che era una questione di dignità umana prendere parte attiva…l’acquiescenza specie in simili tragici eventi in cui è in giuoco il destino dell’umanità stessa, diventa complicità” (5).
In seguito ad una visita alla sorella Eleonora che insegnava a Gravedona sul lago di Como, e per suo tramite, ha l’occasione di mettersi in contatto con i partigiani locali, i “garibaldini” di uno dei distaccamenti che componevano la 52ª Brigata “L. Clerici”, il “Giancarlo Peucher Passavalle”. Può così ai primi di giugno del ’44 portare col nome di battaglia di “Pedro” il suo 
“…contributo alla lotta di Liberazione, il cui scopo finale – scrive – era quello di riscattare la pesante ipoteca della guerra perduta”(6).
Lo attendono, sul monte Berlinghera, situato in una posizione strategica a nord-ovest del lago, lunghi mesi di una dura vita partigiana che egli ci descrive con una vivida e scarna narrazione senza nulla concedere alla fantasia o alla retorica. Un’esperienza fatta di audaci assalti ai sottostanti presidi nazifascisti, di sabotaggi e alle vie ed ai mezzi di comunicazione, di eroismi e di fughe durante gli spietati rastrellamenti, di fame e di notti invernali passate a volte all’addiaccio a oltre 1000 metri
 d’altezza, di aiuti da parte della popolazione, ma anche di spie sempre pronte alla delazione, di coraggiosi compagni caduti e di altri che invece non sopportano più i pesanti sacrifici e “gettano la spugna” rifugiandosi in Svizzera o tornando clandestinamente alle proprie case. Mesi, nei quali emergeranno le sue non comuni doti che lo porteranno prima al comando del “Peucher” e successivamente di tutta la 52ª Brigata.
E’ il 26 aprile 1945 quando Pedro giunge, ad appena 25 anni e quasi per caso, al suo appuntamento con la “grande” storia. Scende infatti con 7 uomini sul lago a Domaso per acquistare del tabacco e lì dalla radio e dalla popolazione festante apprende che è in atto l’insurrezione.
Da questo punto in poi le versioni dei fatti, se si eccettuano quelle strettamente connesse alla fucilazione di Mussolini ed all’esistenza ed alla sorte del carteggio Mussolini-Churchill di cui anche recentemente si è molto parlato in discusse trasmissioni televisive, sono ampiamente note su di esse le testimonianze, salvo qualche dettaglio, generalmente concordano, pertanto le riassumeremo. Pedro, richiamati dalla montagna la ventina di uomini di cui può disporre in quel momento ed armati alcuni popolani disponibili, contando sul fattore sorpresa, con abili manovre tattiche ed intelligenti trattative costringe alla resa importanti presidi fascisti e tedeschi della zona ed occupa Dongo.
Quando si ha notizia dell’arrivo di un forte contingente tedesco con alla testa una grossa autoblinda della Brigata nera di Lucca, Pedro mobilita gli abitanti della zona fingendo di disporre di numerosi armati, poi va a trattare col comandante tedesco della colonna, rimasta bloccata da sbarramenti stradali. Prende tempo e con la scusa di andare a ricevere
ordini a Chiavenna si trascina dietro il comandante cap. Fallmeyer che rimane impressionato dal fatto che numerosi suoi camerati si siano già arresi a quello che gli appare come un notevole dispiegamento di forze partigiane. Alla fine Pedro consente ai tedeschi di proseguire verso Merano, ma solo dopo esser stati perquisiti a Dongo ed aver consegnato i fascisti. Nel frattempo Mussolini trasborda dall’ autoblinda nella quale si trovava in un camion tedesco, travestito da soldato della Luftwaffe.
Dopo varie vicissitudini i fascisti, fra i quali numerosi gerarchi, vengono catturati sul posto mentre i tedeschi proseguono per Dongo sottoponendosi alla perquisizione, è in questa circostanza che Bill scopre ed arresta Mussolini. A Dongo vengono trasferiti tutti i prigionieri che Pedro tratta, per riconoscimento unanime, con correttezza ed umanità (7).
Preoccupato poi per possibili colpi di mano di gruppi fascisti volti a liberare il duce, idea ed attua, con la collaborazione di Michele Moretti (“Pietro”) e di Luigi Canali (“Neri”), il “doppio” trasferimento di Mussolini: il primo, “semisegreto”, a Germasino, il successivo, veramente segreto, in altra località che dopo varie peripezie risulterà essere la cascina De Maria a Bonzanigo. Sarà qui che per l’ultima volta vedrà Mussolini.
Infatti nella tarda mattinata del 28 aprile giungono a Dongo i partigiani inviati dal comando garibaldino di Milano e la gestione della situazione passa nelle mani di Walter Audisio (“Valerio”) e di Aldo Lampredi (“Guido”) che hanno il compito di giustiziare Mussolini ed i suoi. Pedro non vuole che il duce cada nelle mani degli Alleati, ma non è d’accordo su questa soluzione così affrettata e “rivoluzionaria”, vorrebbe un regolare processo, tuttavia deve ubbidire ai superiori e farsi da parte. Le successive vicende sia di Mussolini e della Petacci, che dei gerarchi concentrati e poi fucilati sul lungolago di Dongo, hanno così il loro epilogo.
Dal dopoguerra si hanno di Bellini poche notizie. Scrive, quasi “a caldo”, un lungo articolo per 
“L’Unità” sui fatti di Dongo, poi dal 1952, avvocato, risiede a Como e si sposa con Miriana Berio.
Il suo nome torna successivamente alla ribalta nel 1957 durante il “processone” celebrato in Padova per stabilire che fine avesse fatto “l’oro di Dongo” sequestrato ai gerarchi fascisti.
In esso, da parte delle sinistre, si vide una montatura politico-giudiziaria volta a colpire i partigiani comunisti.
Il Presidente della Corte preannuncia la testimonianza di Bellini delle Stelle, attesa con evidente preoccupazione sia dall’accusa che dalla difesa, come la più importante di tutto il processo, indubbiamente perché il conte, pur essendo stato “garibaldino” non è comunista ed anzi si è trovato spesso in disaccordo con i partigiani comunisti.
Nella sua deposizione del 21 maggio Bellini asserisce che i valori esposti nell’inventario sono quelli realmente confiscati ai fascisti, affidati poi a Michele Moretti e da questi infine correttamente affidati al Comando generale partigiano.
A questo punto i conti tornano e “
L’Unità” apre la cronaca del processo con un titolo a sei colonne : “Con la deposizione del partigiano Pedro crolla la montatura sul tesoro di Dongo”.
Nel 1965 Bellini, che appare con “Bill” in una trasmissione televisiva per il ventennale della Resistenza, è funzionario della SNAM a Metanopoli nel comune di San Donato Milanese dove poi morirà il 25 gennaio 1984.
                                                                               Carlo Onofrio Gori

1)       N. RautyBibliotheca pistoriensis, in “Bullettino storico pistoiese, n. 1/2, 1977, pp. 192-193.
2)       Ivi
3)       Cfr. M. Fini, Quel 25 aprile di 49 anni fa, in “L’Indipendente”, 29 marzo 1994.
4)       G. Bardaglio, I  personaggi del Corriere: Giuseppe Barbieri. Intervista, in“Corriere di Como”, 9 aprile 2000,
5)       P.L. Bellini delle Stelle (Pedro)-U. Lazzaro (Bill), Dongo: la fine di Mussolini,Milano, Mondatori, 1975, pp. 14-15.
6)       Ivi
7)       Cfr. G. Pisanò, Storia della guerra civile in Italia, Milano, FPE, 1966, pp. 1542-1648.



Rielaborazione e sintesi degli articoli:
SDC11328 (2)

Carlo Onofrio Gori, "Pedro”: il conte “garibaldino” che arrestò Mussolini. Tra Pistoia, Firenze e Dongo la vita del leggendario capo partigiano Pier Luigi Bellini delle Stelle, in “Microstoria”, n. 37 (2004).

Carlo Onofrio Gori, Pier Luigi Bellini delle Stelle, l’uomo che arrestò Mussolini. Una figura della Resistenza rimasta troppo in ombra, in “Patria indipendente”, n. 2 (2006).

patria





Articoli di Carlo O. Gori su Pier Luigi Bellini delle Stelle “Pedro” sono consultabili anche su:




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 Data:20 Apr 2009 - 09:57
 Oggetto:prima riunione gruppo di lavoro bellini delle stelle
Carissima, Carissimi,
mercoledì 6 maggio, alle 21,15, in un luogo di
Pistoia al momento ancora da decidere e che comunque sarà reso noto
prossimamente, è convocato il gruppo di lavoro per il convegno
d'autunno 2009 sui Bellini delle Stelle che organizzeremo come Gente di
valdinievole in collaborazione con il comune di Massa e Cozzile.
Ricordo i temi attorno ai quali dovremo lavorare:
Bellini Pier Luigi
nella sua attività amministrativa a Massa e Cozzile (Pellegrini)
Livia
Magnani Bellini delle Stelle nella sua attività culturale in
Valdinievole ed a Firenze (Gonfiantini)
Pier luigi Bellini delle Stelle
capo partigiano (Gori).
Per il convegno, trattandosi di interventi
orali, credo sia opportuno che ognuno stia nei venticinque minuti di
tempo, viceversa non faremo che appesantire l'iniziativa e provocare
sbadigli, movimenti vari, pesantezza cerebrale.
Come di mia abitudine,
appena troverò qualcosa (indicazione, documento, pubblicazione, ecc.)
che può esservi di interesse ed aiuto, ve lo farò pervenire.
Oggi
pomeriggio contatterò i discendenti di Pier Luigi.
Un saluto fraterno
Cesare



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