giovedì 19 gennaio 2012

Storia. Il "Calmiere Lavarini" a Pistoia nel 1919 (mercoledì, 28 giugno 2006)


mercoledì, 28 giugno 2006

Storia. Il "Calmiere Lavarini" a Pistoia nel 1919

  

 

 

Svalutazione, carovita e agitazioni a Pistoia 87 anni fa



“OPERAI!! “Su fratelli, su compagni, Su venite in fitte schiere, Al DUILIO c’è il Calmiere , che il risparmio vi darà.” Il Vero Calmiere è l’EMPORIO DUILIO PISTOIA – FRATELLI LAVARINI – PISTOIA Porta Vecchia – Sotto la Torre – Centro della Città”.
Questa pubblicità, ammiccando all’Inno dei lavoratori, campeggiava nei primi mesi del 1919 in quarta di copertina di due giornali cittadiniIl Popolo pistoiese, liberale, e la cattolica Difesa del popolo, in realtà la pubblicità Lavarini compariva anche sul socialista Avvenire, ma in forma opportunamente diversa.
Il grande Emporio Lavarini, sovrastato dalla torre della Porta Vecchia trasformata in stile liberty nel 1899 da Giacomo Lavarini, era all’angolo fra via degli Orafi e l’odierna  via Buozzi, oggi al suo posto c’è una profumeria. Il proprietario Antonio forse non pensava che dopo pochi mesi dopo, il 4 luglio, nel corso dello sciopero generale contro il carovita i lavoratori sarebbero entrati davvero in “fitte schiere” nell’emporio, la merce asportata, rubata, gettata alla rinfusa per la strada, la casa sovrastante perquisita. Evidentemente, in attesa degli effetti del vero calmiere ottenuto dalle agitazioni di quei giorni, il “calmiere-Lavarini” non aveva soddisfatto le categorie a reddito fisso, le più colpite dalla svalutazione della lira e dall’aumento dei costo della vita seguite alla ristrutturazione economica post-bellica.
I saccheggi dei negozi del Lavarini (che poi aderirà al fascismo) e del Galigani, furono tuttavia gli unici che si ebbero in città. Erano stati presi di mira perché non si erano cautelati, come avevano fatto altri esercenti, portando le chiavi alla Camera del Lavoro, che praticamente aveva assunto il potere, ed erano quindi privi del relativo cartellino di riconoscimento. In effetti il cosidetto “biennio rosso”, dai moti contro il caro-viveri della primavera del 1919 all’occupazione delle fabbriche del 1920, per estensione geografica e per il coinvolgimento di tutte le classi sociali, per la profonda volontà di cambiamento, rappresenta indubbiamente uno dei momenti di più alta tensione sociale che si siano avuti in Italia. Le masse, letteralmente affamate ed esasperate contro gli speculatori, occupano prepotentemente non solo i negozi, le fabbriche ed i campi, ma anche la scena politica, anche se ciò non si tradurrà poi in effettiva presa del potere.
A Pistoia, come nel resto d’Italia, questo elemento di novità sarà sancito dalle elezioni politiche del novembre, le prime a suffragio universale maschile e col sistema proporzionale, che vedranno trionfare i socialisti seguiti dai cattolici del neonato Partito Popolare Italiano, tali risultati verranno confermati dai socialisti pistoiesi, con la conquista della maggioranza assoluta, nelle elezioni amministrative dell' ottobre 1920. Di tutto ciò si hanno vari echi sulla stampa locale.
L’Avvenire, organo socialista settimanale del Circondario di Pistoia(7.7. 1901-22.7.1922, resp. Ugo Trinci, poi Pietro Querci) rispecchia negli articoli e nelle prese di posizione sugli avvenimenti, le divisioni del Partito Socialista che, pur esaltando la rivoluzione ("fare come in Russia" era lo slogan più gridato) e sostenendo le agitazioni e gli scioperi, non riuscirà a darsi obiettivi politici intermedi, a creare decisive alleanze, né in senso riformista, né in senso rivoluzionario, con i mezzadri e i contadini, fortemente influenzati dai cattolici, e con le classi intermedie (maestri e impiegati, piccoli commercianti, reduci, ecc.). A Pistoia, finiva per prevalere la corrente massimalista, spesso verbale e inconcludente, che auspicava la dittatura proletaria, deterministicamente immancabile, e che vedeva, ad esempio, nelle elezioni soltanto “un mezzo per agitare le masse, per elevarne la temperatura rivoluzionaria” (L'Avvenire 25.10.1919). Seguivano la corrente comunista astensionista, particolarmente forte nella sezione di Capostrada e fra i giovani socialisti, i comunisti ordinovisti, attivi a San Marcello sotto la guida di Savonarola Signori, poi dirigente del PCI, mentre la Camera del Lavoro, guidata da Alberto Argentieri, era la roccaforte dei riformisti rimasti nel partito e costretti sovente mimetizzarsi con un linguaggio massimalista.
Pungolava "da sinistra" L'Avvenire, il periodico anarchicoIconoclasta! (23.4.1919-1.1.1920, resp. Gino Silvestri, poi Agostino Puccini) che sui fatti del 4 luglio uscì con un articolo dal titolo significativo "Esaltiamo la teppa" (Iconoclasta! 24.20.1919).
La voce del mondo cattolico era la Difesa religiosa e sociale ( 2.2.1896 - 27.12.1919, resp. Michele Regolini) e sostituita dal 15 gennaio 1920 da La Bandiera del popolo (chiusa nel 1925) già supplemento del precedente, espressione del Partito Popolare entrato ufficialmente nella vita politica anche per contendere ai socialisti il consenso delle masse. La storiografia ha spesso criticato l’anticlericalismo dei socialisti, ma occorre ricordare che uno dei motivi ricorrenti dei giornali cattolici era il viscerale antibolscevismo. La stampa cattolica contando sulla rete delle parrocchie e sul sostegno delle casse rurali, si rivolge essenzialmente ai contadini ed alla piccola borghesia nella difesa dei tradizionali valori cattolici, famiglia, religione e nella richiesta di moderate riforme sociali ispirate al principio della collaborazione fra capitale e lavoro. Evidenti le contraddizioni fra l’anima conservatrice del partito e quella popolare. Ad esempio a proposito del sindacalista cattolico cremonese Guido Miglioli, a volte presente a Pistoia in questo periodo, i "conservatori" puntano  l'indice contro “…l’eccesso del  rivoluzionarismo tendente ad ottenere il predominio di una classe a discapito dei diritti di tutte le altre, che l’on. Miglioli co’ suoi scarsi seguaci sembra essersi preso l’arduo incarico di tenere a battesimo” ("Difesa" 21.6.1919), mentre i "popolari" scrivono “… le idee dell’on. Miglioli in fatto di riforme agrarie, così malamente e moncamente riferite dalla stampa, enunziate dalla sua voce e svolte nel suo ragionamento appariscono lucide e chiare se pure talvolta di concezione ardita. E sopra tutto impressiona lo spirito intimamente cristiano al quale egli informa il suo dire…” ("Bandiera" 15.1.1920). Alle elezioni del 1919 si ridimensionano fin quasi a sparire, sintomo della crisi profonda del vecchio sistema politico fondato sul prestigio personale, sui comitati elettorali e sulle pratiche clientelari, i liberal-conservatori e i democratico-borghesi, che, non a caso, erano state le forze più nettamente interventiste.
I democratici (repubblicani, socialisti riformisti, massoni, Fratellanza artigiana) pubblicavano la Voce del popolo, organo della democrazia pistoiese  (17.5.1919-15.11.1919, direttore Filippo Civinini); anticlericalismo e antibolscevismo erano i leit motiv del giornale, sorto in vista delle elezioni  del 19191 nelle quali i democratici finirono per perdere il tradizionale ruolo risorgimentale di punto contatto fra  borghesia progressista e masse popolari.
Il Popolo pistoiese (18.6. 1881 – 24.12.1926, resp. nel 1919 Carlo Susini ) era la voce del Partito Liberale, una forza rappresentativa della proprietà terriera conservatrice che fin dal 1860 fino al 1919, a volte alleandosi con la destra cattolica, domina la scena politica locale. Nel 1919 viene eletto in queste file il giovane e brillante proprietario terriero ex-combattente avv. Dino Philipson, il cui nome era curiosamente storpiato dai popolani in “Filìssone”, che sarà poi uno dei fondatori del fascismo pistoiese. Questo non a caso, poiché di fronte ai moti popolari alle agitazioni contadine all’occupazione delle fabbriche, già nel 1919-20 nel pistoiese, si incominciano a formare in ambiente monarchico-liberale, sotto l’impulso di  agrari e industriali locali, “fasci” di “forze d’ordine” che raccoglieranno adesioni di forze socialmente e politicamente eterogenee, noto il caso del transfuga socialista Ildebrando Targioni più volte ospitato sulle colonne del "Popolo", comunque di estrazione interventista, unite nella lotta al “disordine” ed al bolscevismo. Andranno a costituire la base di massa del fascismo, che, ricordiamolo, nel 1919 a livello nazionale aveva ottenuto solo poche migliaia di voti.

                                                                                           
                                               Carlo O. Gori



Originale dell’articoloCarlo Onofrio Gori, Il “calmiere Lavarini” durante il Biennio Rosso. Le giornate pistoiesi ripercorse attraverso i giornali di allora, in “Microstoria”,  n. 11 (mag. 2000).




Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore.
 Carlo Onofrio Gori  cog@interfree.it


Commenti:
 

#1 06 Luglio 2006 - 15:06
Per i miei studi potrebbe fornirmi alcune indicazioni bibliografiche su questo periodio e su questi moti, solo per quanto riguarda la Toscana.
Mi può rispondere aNCHE QUI.
LA ringrazio.
Luigi Fabbri
utente anonimo  (IP: 3589f931ef53935)

#2 06 Luglio 2006 - 16:09
Le rispondo molto volentieri. Intanto può guardare quel numero di Microstoria dove è apparso questo mio articolo che riguarda Pistoia, e vi troverà anche altri articoli riguardanti varie altre province toscane, poi, come monografia, le consiglierei, riguardo allo specifico argomento, la fondamentale ricerca di Roberto Bianchi dal titolo: Bocci-Bocci, i tumulti annonari nella Toscana del 1919, Firenze, Olschki, 2001.
Auguri di buon lavoro! 
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#3 07 Luglio 2006 - 11:33
Le sono grato, professore, per le sue indicazioni bibliografiche.
Luigi Fabbri
utente anonimo  (IP: 3589f931ef53935)

#4 09 Luglio 2006 - 05:59
Prego Fabbri,
mi contatti pure quando ne ha bisogno, anche al mio indirizzo e-mail della biblioteca.
Cordiali saluti e buon lavoro.
COG
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