giovedì 19 gennaio 2012

Politica estera (giovedì, 27 luglio 2006)


giovedì, 27 luglio 2006

Politica estera

  


    

Pace subito!


Alcuni giorni di riposo mi hanno fortunatamente tenuto lontano dal computer, ma ovviamente, non dalle notizie. Fra queste desta senz'altro maggior preoccupazione quella relativa alla nuova, ennesima, guerra che coinvolge il Libano, con lutti e devastazioni che, come in tutte le guerre colpiscono sempre e soprattutto i più poveri ed i più deboli (chi ha i soldi può sempre allontanarsi). I fatti delle ultime settimane sono noti e non starò qui a riassumerli: c'è stato ieri un vertice internazionale a Roma che ha ottenuto qualche risultato in campo umanitario, ma per l'opposizione degli Usa, non ha ottenuto la cessazione delle ostilità. Sulle ragioni di questa crisi ho pensato di inserire qui alcune riflessioni, pubblicate qualche giorno fa, di un noto pacifista israeliano:
"Obiettivo: governo fantoccio. Al di là delle dichiarazioni ufficiali, la verità che si nasconde dietro l'offensiva israeliana in Libano e nella Striscia di Gaza. Il vero obiettivo è quello di cambiare il regime libanese insediando un governo fantoccio.Così come questo è stato l'obiettivo di Ariel Sharon quando ha invaso il Libano nel 1982. Obiettivo fallito. Ma Sharon e i suoi seguaci ai vertici militari e politici non vi hanno mai veramente rinunciato. Come nel 1982, l'attuale operazione israeliana è stata pianificata e portata avanti in collaborazione con gli Stati Uniti e come allora non c'è dubbio che sia stata concordata con una parte della elite libanese.E' questo l'aspetto più importante. Tutto il resto è rumore e propaganda. Alla vigilia dell'invasione del 1982, il Segretario di Stato Alexander Haig disse ad Ariel Sharon che prima di dare il via all'operazione era necessario attuare una "chiara provocazione" che fosse benaccetta dal mondo.E la provocazione ebbe davvero luogo - esattamente al tempo giusto - quando le milizie di Abu-Nidal cercarono di assassinare l'ambasciatore israeliano a Londra. L'episodio non ebbe alcuna relazione con il Libano, e tanto meno con l'Olp (il nemico di Abu-Nidal), ma servì allo scopo.Questa volta la provocazione necessaria è stata fornita dagli Hezbollah attraverso la cattura dei due soldati israeliani. Tutti sanno che non potranno venire rilasciati a meno di uno scambio di prigionieri, ma l'enorme campagna militare pronta a scattare da mesi è stata venduta all'opinione pubblica israeliana e internazionale come operazione di riscatto. (Piuttosto strano che l'identica operazione sia accaduta due settimane prima nella Striscia di Gaza, dove Hamas e i suoi partner hanno catturato un soldato offrendo così la scusa per l'avvio della massiccia operazione che il governo israeliano teneva in caldo da tempo con l'intento di distruggere il governo palestinese).Il chiaro proposito dell'offensiva sul Libano è di spingere gli Hezbollah lontano dal confine in modo da rendere impossibile la cattura di altri soldati e il lancio di razzi sui villaggi israeliani; l'invasione della Striscia di Gaza ha l'obiettivo ufficiale di togliere dalla gittata dei Quassam gli insediamenti di Ashkelon e Sderot. Tutto ricorda la "Operazione Pace per la Galilea" del 1982, quando all'opinione pubblica e alla Knesset (il Parlamento israeliano n.d.t.) fu fatto passare che l'obiettivo della guerra era di "Spingere i Katyusha 40 chilometri lontano dal confine". Una deliberata bugia. Negli 11 mesi precedenti la guerra, non un singolo razzo Katyusha (né un singolo colpo) fu fatto esplodere oltre il confine. Fin dall'inizio il vero obiettivo dell'operazione è stato arrivare a Beirut per insediare un dittatore Quinsling (collaborazionista n.d.t.). Come ho avuto a dire in altre occasioni, è stato Sharon stesso a raccontarmi la verità dei fatti nove mesi prima dello scoppio della guerra, cosa che io debitamente pubblicai allora con il suo consenso (senza citarlo). Certamente l'attuale operazione militare ha anche diversi obiettivi secondari, che non includono comunque la liberazione dei prigionieri: tutti sono consapevoli che il raggiungimento di questo scopo non può avvenire attraverso le minacce militari. Ma è però possibile che si arrivi a distruggere una parte delle migliaia di missili che gli Hezbollah hanno accumulato negli anni. A tale fine i capi militari sono pronti a mettere in pericolo gli abitanti dei villaggi israeliani più esposti ai razzi Katyusha, ritenendo che, utilizzandoli come pedine degli scacchi, valga la pena di giocare la partita. Un altro obiettivo secondario è riabilitare il "potere deterrente" dell'esercito. Si tratta del codice volto a restaurare l'orgoglio ferito dell'esercito israeliano che ha subito parecchi colpi dalle audaci azioni militari di Hamas nel sud e degli Hezbollah al nord. Ufficialmente il governo israeliano pretende che quello libanese disarmi gli Hezbollah e li rimuova dalle regioni di confine. Ma tutto ciò è chiaramente impossibile sotto l'attuale regime libanese, delicata commistione di comunità etno-religiose in cui il più piccolo sconvolgimento potrebbe portare l'intera struttura a crollare gettando il paese nell'anarchia totale, specialmente da quando gli americani sono riusciti a spazzar via l'esercito siriano, unico elemento che ha provveduto a fornire negli anni una certa stabilità alla regione. L'idea di insediare un Quinsling in Libano non è nuova. Fu David Ben-Gurion a proporre, nel 1955, di prendere un "ufficiale cristiano" e di insediarlo come dittatore. Ma Moshe Sharet dimostrò come una simile idea non potesse basarsi che sulla completa ignoranza della realtà libanese e la bocciò. Eppure 27 anni più tardi Ariel Sharon tentò comunque di attuarla attraverso l'imposizione di Bashir Gemayel come presidente, per poi vederlo morire assassinato poco tempo dopo. Il fratello Amin che gli succedette firmò un trattato di pace con Israele, ma fu destituito dal suo incarico (ed è ora pubblicamente sostenitore dell'operazione israeliana). I calcoli si avvalgono della previsione che, in presenza di pesanti bombardamenti aerei da parte israeliana sulla popolazione libanese con relativa paralisi di porti ed aeroporti, distruzione di infrastrutture, bombardamento di aree residenziali e taglio del collegamento stradale tra Beirut e Damasco, l'opinione pubblica libanese si infuri sempre più con gli Hezbollah arrivando a pressare il governo affinché aderisca alle richieste israeliane. Dal momento che l'attuale governo non si sogna neanche di arrivare a questo, un dittatore verrà mandato al potere con il supporto di Israele. E' questa la logica militare, sulla quale nutro seri dubbi. E' molto probabile che la maggior parte della popolazione libanese reagirà come farebbe qualsiasi altro popolo del mondo: con furia e odio contro l'invasore. E' quanto accaduto nel 1982 quando gli sciiti nel sud del Libano, fino a quel momento docilissimi, insorsero contro gli occupanti israeliani creando il movimento degli Hezbollah, poi divenuta la più forte organizzazione del paese. Ma il rischio per l'elite libanese è alto. Se palesata la collaborazione con Israele, ne andrebbe della sua stessa sopravvivenza (in ogni caso, i razzi Quassam e Katyusha hanno mai portato la popolazione israeliana ad esercitare pressione sul governo perché si arrendesse? Assolutamente no). La politica americana è piena di contraddizioni, il presidente Bush anela ad un "cambio di regime" in Medioriente, ma l'attuale governo libanese è stato solo recentemente formato sotto la pressione degli Stati Uniti. Nello stesso tempo, Bush è riuscito unicamente a spaccare l'Iraq e a causare una guerra civile. Potrebbe ottenere la stessa cosa in Libano se non si decide a fermare le truppe israeliane in tempo. Ancor più, una devastante azione contro gli Hezbollah potrebbe fomentare la furia non solo dell'Iran ma anche tra gli sciiti iracheni, sul cui appoggio si fondano tutti i piani di Bush per un regime pro America. Allora qual'è la risposta? Non a caso gli Hezbollah sono usciti allo scoperto con il rapimento dei soldati proprio quando i palestinesi chiedevano soccorso. Dal momento che la causa palestinese è molto popolare in tutto il mondo arabo, dimostrando di essere amici nel bisogno mentre gli altri paesi arabi latitano, gli Hezbollah sperano di incrementare la loro popolarità, mentre al contrario, se si dovesse raggiungere un accordo israelo-palestinese, gli Hezbollah verrebbero relegati ad un irrilevante fenomeno locale. A meno di tre mesi dalla sua formazione, il governo Olmert-Peretz è riuscito a sprofondare Israele in una guerra su due fronti caratterizzata da obiettivi irrealistici dai risultati imprevedibili. Se Olmert spera di essere assimilato al Signor Macho-Macho, uno Sharon numero 2, rimarrà molto deluso. Lo stesso vale per i disperati tentativi di Peretz di venir preso seriamente per un potente Signor Sicurezza. E' sotto gli occhi di tutti quanto questa campagna militare, a Gaza come in Libano, sia stata pianificata e imposta dall'esercito. L'uomo che prende le decisioni ora in Israele si chiama Dan Halutz e non è un caso che il lavoro in Libano sia stato portato avanti dalle forze aeree. L'opinione pubblica israeliana non è entusiasta della guerra, si è solo rassegnata con stoico fatalismo perché le è stato detto che non c'è alternativa. Ed invero, chi può esservi contro? Chi non desidera che vengano liberati i "soldati rapiti"? Chi non vorrebbe che venissero rimossi i Katyusha e ripristinata la deterrenza? Nessun politico osa criticare l'operazione, ad eccezione degli Arab Mks (arabi israeliani membri del Knesset n.d.t.) che sono comunque ignorati dalla popolazione ebraica. Nei media i generali regnano indisturbati, e non solo quelli in uniforme. E' difficile trovare un generale ormai in pensione che non sia stato invitato dagli organi di informazione per commentare, spiegare e giustificare ciò che sta accadendo: tutti parlano all'unisono. (Un esempio: il più popolare canale televisivo israeliano mi ha invitato per un'intervista sulla guerra dopo aver saputo che avevo preso parte ad una manifestazione pacifista. Ero davvero sorpreso. Ma non per molto: un'ora prima di andare in onda mi ha chiamato un redattore del talk show a cui ero stato invitato per comunicarmi che si era verificato un terribile errore, la persona che volevano invitare era il professor Shlomo Avineri, ex direttore generale del Foreign Office, sul quale contavano perché giustificasse qualsiasi atto perpetrato dal governo, qualunque esso fosse, in alto linguaggio accademico). "Inter arma silent Musae" quando le armi parlano, le Muse tacciono. O piuttosto: Quando le pistole ruggiscono, il cervello cessa di funzionare. Infine solo un breve pensiero: Quando lo Stato di Israele fu fondato, nel pieno di una guerra crudele, un poster fu attaccato ai muri: "Tutto il Paese - un fronte! Tutto il popolo - un esercito!" 58 anni sono trascorsi, ma lo stesso slogan è ancora valido come allora. Che cosa ci dice circa le generazioni di statisti e generali?"
Uri Avneri (Pacifista israeliano di Gush Shalom) 18.7.2006www.aprileonline.info


postato da: gorca49 alle ore 08:32 | link | commenti (4)
categorie: palestinapoliticalibanoisraelemedioriente

Commenti:
 
#1 27 Luglio 2006 - 11:09
 
Capisco e rispetto il travaglio individuale e l'esemplare atto di dimissioni da Deputato, di Paolo Cacciari (in nome della sua coerenza etica con la scelta della nonviolenza); non capisco Rutelli e Fassino che, nei giorni scorsi a Roma, hanno partecipato alla manifestazione in solidarietà con Israele, che (per quanto nel mondo arabo ci siano fanatici fondamentalisti..... anche al governo, come in Iran, che vorrebbero cancellarlo, in realtà, la follia di questa minaccia criminale, non è uno scenario possibile) è una delle maggiori potenze militari del pianeta. L'esistenza di Israele è, giustamente, garantita da quasi tutto il mondo (a partire dagli Usa e dall'Europa) e anche da quasi tutti quelli e quelle che manifestano per assicurare anche al popolo palestinese il diritto ad una propria Patria, sulla base delle innumerevoli risoluzioni dell'Onu che Israele continua ad ignorare...... occupando con le proprie armate i territori di Cisgiordania e Gaza, distruggendo, massacrando, imprigionando e negando ogni diritto e ogni possibilità di vita al popolo palestinese..... e (partecipare ad una manifestazione in solidarietà con Israele, mentre il Governo e le forze armate di questo paese stanno distruggendo e massacrando a Gaza e anche nel Libano), mi sembra una scelta davvero incomprensibile..... come sarebbe altrettanto assurdo partecipare ad una manifestazione in solidarietà con Hamas o con gli Hezbollah.Eppure, nonostante tutto, il 96,3% dei palestinesi sembra che sia favorevole alla liberazione di Gilad Shalit, il caporale israeliano catturato da esponenti di Hamas. A rivelarlo è un sondaggio del Palestinian Center for Public Opinion, istituto che si occupa di sondaggi tra i palestinesi. Lo stesso sondaggio evidenzia anche come in cima alle preoccupazioni dei palestinesi c'è il futuro proprio e delle loro famiglie. (Fonte: Peacereporter). Una volta...., anche a Pistoia, c'era il Comitato unitario FERMIAMO LA GUERRA.... poi si è "ammalato di scarsa partecipazione......" ed è morto, quindi non può fare niente neanche di fronte agli inauditi massacri e all'estendersi della guerra.....: ma, esistono i Partiti, i DS, La Margherita, il PRC, ecc. oppure grandi organizzazioni come la Cgil, la Cisl, ecc. e - mi chiedo - cosa stanno facendo, perchè - anche a Pistoia - nei loro dirigenti non c'è la sensibilità di indignarsi e di reagire, cercando di promuovere iniziative unitarie (evitando quindi di fare cose che sanno di propaganda e che appaiono poco sincere) che consentano a tante persone di partecipare e, almeno, di reagire alle violenze inaudite, le cui immagini ci arrivano quotidianamente tramite la TV e che, continuando così, prima o poi entreranno in modo assai più diretto anche nel nostro paese e nelle nostre case.
Eppure, su certi obiettivi (ritiro dall'Iraq e dall'Afghanistan, cessate il fuoco e Caschi Blu in Libano e in Palestina, riduzione delle spese militari e sostegno ad un'opera di rilancio delle Nazioni Unite in base alla propria Carta Costitutiva e non agli interessi e ai ricatti di poche grandi potenze, no al lavoro precario e al nero, difesa dello stato sociale, giustizia fiscale, difesa dell'equilibrio ecologico, difesa dei ceti sociali più deboli e reperimento delle risorse colpendo l'evasione fiscale e contributiva e i ceti privilegiati e ricchi e rinunciando ad ogni spreco e ad ogni opera utile solo ai costruttori, ecc.), non dovrebbe essere impossibile suscitare un'ampia partecipazione popolare e, anzi, sarebbe facile raccogliere il consenso di oltre il 60% del popolo italiano..... (come ha dimostrato anche il recente sondaggio dell'Ispo di Mannheimer, sulle missioni militari in Iraq e Afghanistan). Non illudiamoci (perchè L'UNIONE ha vinto le elezioni ed è al governo), che possiamo delegare il cambiamento a quelli che "stanno in alto": sapevamo e sappiamo quante contraddizioni ci sono al proprio interno, quante resistenze ci sono ad attuare le parti del programma di governo che rappresentano più di altre il cambiamento....., quante difficoltà ci sono al Senato (dove siamo nelle mani anche degli imbecilli che votavano "Francesco Marini".... o di quel voltagabbana che si è fatto eleggere Presidente della Commissione Difesa dalla destra Berlusconiana e, praticamente, nel comportamento e nei contenuti... era ed è uno di loro, o di quei tre o quattro che vogliono esibire la propria radicalità, per far credere che solo loro sono bravi e coerenti parlamentari pacifisti, anche a costo di far cadere il governo Prodi) e quante resistenze al cambiamento ci sono nei poteri e negli interessi forti dell'economia e della politica, in Italia e nel mondo. O siamo capaci, tutti insieme, in modo unitario, di sostenere il cambiamento necessario con una grande, convinta, seria, consapevole e democratica partecipazione popolare, di quelli che "stanno in basso", oppure il Governo Prodi reggerà poco e, il cambiamento, non solo non diventerà realtà, ma verrà rinviato alle calende greche.... e tornerà al governo la destra, o comunque un centrismo che vuole fare una politica simile a quella della destra. Per favore, superiamo discussioni e polemiche che tendono a dividere, superiamo ogni scetticismo e ogni atteggiamento rinunciatario: chi vuole davvero il cambiamento ha, prima di tutto, un obbligo di coerenza verso le proprie convinzioni e idee e di azione conseguente. Insomma, lo deve a se stesso, alla propria scelta di vita, ai propri valori, alle proprie idealità.
Forse, a fine luglio, è obbiettivamente difficile uno scatto di impegno e di partecipazione: speriamo che a settembre ci sia sempre il Governo Prodi e che, la riprenda vigore una volontà di cambiamento, sostenuta - prima di tutto - da quelli e quelle che lo vogliono davvero e che ne hanno più bisogno, a partire da quelli e quelle che "stanno in basso".
 
Giuliano
utente anonimo  (IP: 3589f931ef53935)
#2 28 Luglio 2006 - 11:32
 
A proposito delle veglie con le candeline (e che ognuno se le procuri personalmente!) per la pace in Libano e dintorni dal 24 al 28 luglio presso il Duomo di Firenze.
Ma basta! Basta con questa roba! Pace immediata in Medio Oriente e assistenza umanitaria e truppe di interposizione! E come si fa a far fare la pace? Dato che Israele - lo Stato attaccante e massimo responsabile del disastro in atto da quarant’anni - è sostenuto a fondo dagli Usa, i quali hanno destabilizzato tutta la regione e aperto la via all’accrescersi della preminenza dell’Iran nell’area, con conseguenti ulteriori bagliori di guerra (contro l’Iran stesso, oltre che contro la Siria) all’orizzonte. E mandando le truppe - che probabilmente non saranno Onu, ma piú probabilmente Nato - in «missione di pace»? (Questa volta si accettano le «missioni di pace» - e se qualcuno spara su queste truppe, che si fa?) «Missione» che, mettendo qualche “pezza” sul disastro della guerra condotta da Israele (con sostegno statunitense), servirà ad assestare gli obiettivi israelo-statunitensi di una “fascia di sicurezza”, anti-resistenza palestinese.
E anche ciò, viene sostenuto con questi sistemi delle veglie con le candeline - che sarebbe meglio andare a fare in chiesa e in P.zza S. Pietro con il papa, tanto sono uguali alle veglie di preghiera dei preti -, veglie che servono a mettere insieme un po’ di anime belle: tutti insieme, appassionatamente, con tutta la banda di gente varia dell’Unione, preti, riformatori del mondo, senza dimenticare gli opportunisti della «sinistra dell’Unione» (la quale sta dando le sue prove nel governo e nella maggioranza in questi giorni, e che presto le darà anche anche nella maggioranza e giunta toscane, nonostante le durissime critiche del contromeeting di S. Rossore etc.), e cosí via.

Che bello! Posizioni solenni, retoriche, che non disturbano nessuno, fanno passare bene, e … E non modificano assolutamente nulla.

Perché il “nodo” è un mutamento di rotta in politica estera, è una politica non-filo-Usa, è una politica autonoma mediorientale, è la presa di accordi con la Francia e con la Germania per una politica indipendente, è l’isolamento di Israele (e degli Usa) – unico modo per costringere Israele stesso a trovare un vero accordo nella regione … Il “nodo” è che questa balla dell’Unione non costituisce alcun mutamento di rotta, ivi compresa la sua sinistra (purtroppo sempre piú cosiddetta). Il “nodo” è che occorre porre con chiarezza il tema e la linea della rottura di politica estera. Il “nodo” è che occorre, semmai, fare una manifestazione che vada dalla Regione (chiusura di Camp Darby! Ce ne siamo dimenticati?) all’ambasciata Usa, e mandare una presa di posizione a quella israeliana, e nel contempo portare una presa di posizione all’ambasciata francese e tedesca. Altro che le veglie con le candeline!



Vedo che non sono pochi quelli che aderiscono con entusiasmo a questa roba solenne e retorica, fuorviante e innocua, che non porta a nessun cambiamento, all’apertura di nessun’altra prospettiva. A maggior ragione, perciò, è indispensabile cercare di mettere in piedi un processo piú serio, piú significativo, piú fattivo per una sinistra vera, in Toscana e nel paese.

Mario Monforte 
utente anonimo  (IP: 3589f931ef53935)
#3 01 Agosto 2006 - 10:17
 
caro Gori, va da sé che dopo quasi sessant'anni Israele ha ormai acquisito il diritto alla sicurezza, ma questi, come hanno fatto a Cana, spesso si comportano peggio dei nazisti.
Pavel
utente anonimo  (IP: 3589f931ef53935)
#4 04 Dicembre 2006 - 15:24
 
Ringrazio, seppur in ritardo, Mario, Giuliano e Pavel per l'attenzione e la considerazione.
Un saluto a tutti.
Carlo O. Gori
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