Storia. L' ultima raffica di Salò
Gli irriducibili fascisti pistoiesi della Valtellina
A quasi sette mesi dalla liberazione di Pistoia (8 settembre 1944) scoppiava l’insurrezione in Nord Italia ed alle ore 15 del 28 aprile 1945 a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como, veniva fucilato Benito Mussolini. Un paio d’ore dopo, ad una distanza di una cinquantina di chilometri, a Ponte in Valtellina, cominciavano ad arrendersi ai partigiani gli ultimi fascisti in armi: tra i molti toscani presenti nelle loro file troviamo anche alcuni pistoiesi capeggiati da Giorgio Pisanò. Ma chi erano questi “irriducibili” a cui accenna anche Pansa in un suo recente e discusso libro? (1)
Per rispondere alla domanda oltre a consultare i vari scritti di Giorgio Pisanò, storico e senatore neofascista, scomparso nel 1997, e di altri, (2) occorre sfogliare il giornale pistoiese degli universitari fascisti repubblicani "Tempo nostro”, uscito come supplemento al periodico federale “Il Ferruccio” fra il novembre 1943 ed il maggio 1944.
L'8 settembre 1943, il ferrarese Pisanò si trovava solo da pochi giorni a Pistoia, dove era stato trasferito il padre, funzionario di prefettura. Quella sera, racconta, pianse all’annuncio dell’Armistizio, ma trovò ben presto la solidarietà di un piccolo gruppo di giovani tra i quali Maurizio Degl’Innocenti, Valerio Cappelli, Rolando Chelucci, Ruy Blas Biagi, Mafilas Manini, Agostino Danesi che insieme ad altri, con l'arrivo dei tedeschi, riapriranno la federazione fascista. (3)
Dalla lettura di “Tempo nostro” si coglie subito che per loro non ci saranno dubbi, ripensamenti o possibilità di sosta in “zone grigie" per precostituirsi quegli alibi che premetteranno ad altri, nel dopoguerra, di giustificarsi di aver indossato le divise della RSI, adducendo per attenuanti costrizioni o necessità, oppure lo scopo di porre un freno alle rappresaglie naziste verso un paese “traditore”. Ne è testimonianza inequivocabile il titolo di alcune rubriche del giornale, “Misteri” ed “Al muro”, in cui, invocando esemplari punizioni, i giovani “repubblichini” pistoiesi fanno i nomi, non soltanto di coetanei militanti nelle formazioni partigiane (Fedi, La Loggia, Panconesi, ecc.), ma anche di chi, già fascista, dopo il 25 luglio ha tradito, oppure di chi ha aderito alla RSI per convenienza come ad es. “i molti ufficiali…che...si sono ripresentati per il maledetto e lurido stipendio”. (4)
In questo contesto emerge ben presto la delusione degli articolisti, capeggiati dal direttore Manini, che nota: “il rinnovo ancora non c’è... sono sempre le solite facce. E le solite facce non sono fascisti puri” che continuano ad agire "nel clima di sempre, bigio ed insincero”. (5)
Danesi rincara la dose: “prima del 25 luglio se le cose non andavano bene si poteva dire, a ragione che forze occulte lavoravano contro lo Stato Fascista; ma oggi? ...a tutt'oggi e nei fatti la politica del Partito Fascista Repubblicano non differisce affatto da quella del Partito Nazionale Fascista”. (6)
In effetti a Pistoia “…di fatto la composizione del partito ricalcava il vecchio organigramma”. (7)
Ma allora in che modo i giovani fascisti pistoiesi, alcuni dei quali sensibili alle vaghe istanze socializzanti di Salò, (8) potevano affermarsi come artefici del “rinnovamento repubblicano”? Scrive Manini: “Appartenere al PFR deve essere titolo d'onore... Il destino ci offre l'occasione…Sarà impugnando le armi contro il nemico...che ritroveremo noi stessi, sarà nella battaglia che saremo vagliati". (9)
Così alcuni coerentemente partono arruolandosi come allievi ufficiali nelle varie formazioni di Salò: Pisanò, Manini, Degl’Innocenti, Stelvio Dal Piaz, Ennio Albano, Leo Maccioni, Luciano Savino, ecc. (10 )
Fra questi si conteranno ben presto i primi caduti come Valerio Cappelli (GNR) e il “parà” Rolando Chelucci, mentre Ruy Blas Biagi (“NP” X Mas) verrà fucilato dagli alleati presso Firenze dopo un’azione di sabotaggio oltre le linee nemiche. Cosa fanno quelli che restano lo si evince da un articolo di Enzo Pasi in cui traspare tutto lo sgomento e l'irritazione per l'isolamento che ormai sempre più li circonda: “Abbiamo partecipato...alle azioni di rastrellamento e di polizia effettuate tempo addietro nella nostra città e in altre zone limitrofe...Abbiamo veduto nei vostri occhi il timore, il risentimento, spesso l'odio e ne abbiamo sofferto ...Non siamo affatto presi dal gusto d'imprigionare la gente...abbiamo agito, più ancora agiremo, perché tra voi esistevano ... degli elementi sobillatori, degli sfruttatori del popolo, dei badogliani convinti e militanti, dei renitenti sordi alla voce della Patria, dei ricettatori di prigionieri nemici...Noi vi tendiamo la mano e voi ci sputate sopra...non capite che la giusta...sistemazione del vostro avvenire riposa nella vittoria del Tripartito?. E perché allora rifiutate di collaborare...? O forse attendete...i “liberatori”? Badate a voi! ...Vogliamo aiutarvi anche se non lo volete....Risvegliatevi. Dio è con noi, per la nostra Vittoria”. (11)
Ma fra bombardamenti alleati ed azioni della Resistenza si avvicina piuttosto la Liberazione e la resa dei conti: infatti anche nel pistoiese “dopo il marzo 1944 si assiste ad un rafforzamento sempre più rapido del dispositivo politico-militare delle formazioni partigiane" (12), soprattutto da quando la guida del CLN locale era passata nel maggio 1944 al comunista Italo Carobbi. Inoltre dalla metà del giugno ’44 a Pistoia ed in gran parte della Toscana, dopo le notizie della liberazione di Roma e dello sbarco in Normandia, si sfalda rapidamente l’apparato governativo di Salò e, mentre tutto il potere si va concentrando nelle mani dei tedeschi, le federazioni fasciste delle province di Firenze, Livorno, Pistoia e Arezzo dispongono lo sfollamento dei propri militanti e delle loro famiglie in Valtellina. (13 )
La scelta cade sulla provincia di Sondrio, sia perché nota zona turistica con strutture alberghiere ampiamente attrezzate per accogliere un notevole numero di rifugiati, sia perché ben presto la Valtellina sarà prescelta da Mussolini, su proposta del segretario del PFR, il fiorentino Pavolini, peristituirvi il cosiddetto Ridotto Alpino Repubblicano, cioè l'ultima difesa della RSI. Quindi una cinquantina di fascisti pistoiesi con le loro famiglie, in tutto circa 200 persone, si sistemano nel giugno-luglio ’44 a Bormio e dintorni, e ben presto, secondo un rapporto della GNR locale, si distinguono perché “…Scorrazzano ovunque arbitrariamente, perquisendo e minacciando i cittadini econsiderando l’Alta valle terra di conquista” anzi tra loro stessi, nota la stessa fonte, “regnano forti dissidi, tanto che non hanno … ancora stabilito chi debba essere il loro comandante”. (14)
Vengono ricordati fra i più “…duri e decisi i fratelli Danesi, amici di Pisanò….Renzo Barbini, ufficiale della “Gatti” poi fucilato alla fine delle ostilità, oppure la famiglia Evangelisti”. (15)
A loro si uniranno verso il 20 aprile ‘45, Manini e Pisanò, che fino ad allora avevano svolto compiti di agenti segreti nell’Italia liberata. Essi si accorgono subito dell’inconsistenza militare del ridotto valtellinese: la strada principale che passa sul fondovalle a fianco del fiume Adda è spesso sotto il tiro dei partigiani, particolarmente attivi dall’estate ’44, che sparano dall'alto dei versanti nascosti nella fitta vegetazione prealpina, isolando progressivamente i fascisti in centri abitati praticamente scollegati l’uno dall’altro. In aprile ormai i partigiani delle Fiamme Verdi già controllano gran parte della Alta Valle, mentre le Brigate Garibaldi risalgono dalla parte inferiore vicina al Lago di Como. Al fianco dei “repubblichini”, curiosamente, si trova in Valtellina anche un battaglione di fascisti francesi della Milice, comandati da Joseph Darnand, ministro degli interni di Vichy, scampati all’avanzata alleata e degaullista in Francia. Pisanò con la squadra d’azione pistoiese, autonoma e solo formalmente dipendente dalla Brigata nera locale, cerca di collegare i presidi di Mazzo e di Grosio, ma ben presto deve ritirarsi con gli altri reparti fascisti a Tirano con lo scopo di dirigersi successivamente a Sondrio per un’ultima resistenza. La colonna, composta di circa 600 uomini e ben armata, quando si trova nei pressi del Santuario di Madonna di Tirano, a poche centinaia di metri dal confine Svizzero, viene però inchiodata fino a sera dal fitto tiro delle mitragliatrici partigiane. Solo a notte fonda un gruppo riuscirà a sganciarsi ed a raggiungere Ponte dove il giorno dopo sarà, non senza difficoltà, convinto a gettare le armi dallo stesso comandante fascista, generale Onori che già aveva capitolato a Sondrio.
La resa definitiva del cosiddetto “Ridotto Alpino Repubblicano” avverrà, dopo aspri combattimenti, il giorno successivo a Tirano. Dopo la Liberazione furono tutto sommato rari ed isolati i casi di violenze e rappresaglie verso gli sfollati civili toscani in Valtellina, mentre invece non pochi dei loro parenti in armi, legionari della GNR e squadristi delle BN, compresi alcuni pistoiesi, non si sottrarranno a stragi e vendette. (16 )
Andrà bene invece, in questi frangenti conta molto anche il caso, a Pisanò, Danesi ed altri che rimarranno prigionieri, mentre Manini morirà di malattia, in clandestinità, a Milano. Fra coloro che non avranno alcuna possibilità di cavarsela, Darnand ed i collaborazionisti francesi che, consegnati a De Gaulle, verranno tutti, sistematicamente, giustiziati.
Note:
1) G. Pansa, Il sangue dei vinti, Milano, 2003, pp. 66-77.
2) Cfr. G. Pisanò: Gli ultimi in grigioverde, Milano, 1965; La generazione che non si è arresa, Milano, 1964; Storia della guerra civile in Italia, Milano, 1966; Io fascista, Milano, 1997; R. Lazzero, Le brigate nere, Milano, 1983; M. Fini-F. Giannantoni, La resistenza più lunga: lotta partigiana in Valtellina 1943-1945, Milano, 1979; A. Rossi, Sfollati toscani in Valtellina, in “Farestoria”, n. 22, 1994, ecc.
3) Cfr. G. Pisanò, Io fascista, cit. p. 16. Oltre ai collaboratori qui ricordati, sul periodico compaiono anche articoli di: Leopoldo Romoli, Marcello Vannuccini, Loris Lenzi, Guido Gherardenghi, Salvatore Sanvoisin, Enzo Allegri, Alessando Piccolini, Silvestro Fierabracci.
4) S. Dal Piaz, Attenzione ai profittatori, in “Tempo nostro”, 25.12.1943
5) M. Manini, Rinascita, in “Tempo nostro”, 10.11.1943; M. Manini, Non deludere, in “Tempo nostro”, 25.12.1943.
6) A. Danesi, Promettere e mantenere, , in “Tempo nostro”, 25.12.1943.
7) L. Bruschi-M. Francini, Il fascismo pistoiese durante la guerra, in Pistoia tre anni 1945-1945. Identità di una città in guerra, Pistoia, 1980, p. 10
8) “Il Ferruccio”, 10.10.1943.
9) M. Manini, Rinascita, in “Tempo nostro”, 10.11.1943.
10) I giovani fascisti repubblicani partono, in “Tempo nostro”, 25.12.1943. In seguito a queste partenze molti articoli saranno firmati da donne: Berta Carrara, Maria Antonietta Orsini, Sara Benesperi, Arianna Lenzi, ecc.
11) E. Pasi, Ai pistoiesi, in “Tempo nostro”, 23.5.1944.
12) R. Risaliti, La Resistenza a Pistoia. Aspetti e caratteri, in Pistoia tre anni 1945-1945, cit. pp. 27-28.
13) A. Rossi, Sfollati toscani …cit., pp. 3-4.
14) Notiziario della GNR di Sondrio, Novembre 1944, AICSML Como, cit. in A. Rossi, Sfollati toscani …cit., p. 4.
15) A. Rossi, Sfollati toscani …cit., p. 5. Da notare che Marcello Danesi, cugino dei ricordati, è un caduto della Resistenza al quale è stata poi intitolata una piazza di Pistoia.
16) ivi, pp. 10-11. Si salveranno anche gli altri collaboratori di “Tempo nostro” non presenti in Valle, il nome di qualcuno lo risentiremo in più recenti cronache legate al caso Gelli-P2
Tratto dal mio articolo: Carlo Onofrio Gori,
cog@interfree.it
Successivamente pubblicato anche in: http://members.xoom.virgilio.it/marivan53/fatti.htm
e su: http://goriblogstoria.blogspot.it/2012/01/carlo-onofrio-gori-fascismo-e.html
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Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore.
I trasgressori saranno apertamente indicati da questo blog.
Anonimo/i estensori su Wikipedia della voce "Storia di Pistoia", successiva all'uscita di questo post e degli articoli da me pubblicati sulle riviste sopra citate, ha/hanno VIOLATO la regola suddetta che per me non vuol essere un legal-burocratico richiamo al copyright, ma semplicemente il sollecitare all'osservanza di una elementare norma civile ed al rispetto, sia per la persona che fatica ricercando e pubblicando articoli, sia per le riviste e per il blog sulle quali li pubblica. Si può riprodurre, ma basta semplicemente citare la fonte!
Gli scorretti ed ineffabili copiatori di questo e di altri miei articoli segnalati al relativo post (tra l'altro richiamati dalla stessa agenzia Wikipedia che ha fatto notare che alcuni passi sono "senza fonte"), oltre a riassumere (male) cambiando qualche parola (ma questo, sebbene scorretto può considerarsi più che lecito), hanno però copiato "pari-pari" da questo post molti passi come potete, dal confronto, vedere sotto (....e scusate se è poco):
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Gli irriducibili della Valtellina
Nei racconti di Giorgio Pisanò, storico e senatore neofascista, si ricorda che l' 8 settembre 1943 si trovava solo da pochi giorni a Pistoia, dove era stato trasferito il padre che era funzionario di prefettura, e pianse all'annuncio dell'Armistizio di Cassibile ma trovò ben presto la solidarietà di un piccolo gruppo di giovani tra i quali Maurizio Degl'Innocenti, Valerio Cappelli, Rolando Chelucci, Ruy Blas Biagi, Mafilas Manini, Agostino Danesi che insieme ad altri, con l'arrivo dei tedeschi, riapriranno la federazione fascista. Così alcuni coerentemente partirono arruolandosi come allievi ufficiali nelle varie formazioni della Repubblica di Salò: Pisanò, Manini, Degl'Innocenti, Stelvio Dal Piaz, Ennio Albano, Leo Maccioni, Luciano Savino e altri. Fra questi morirono in combattimento Valerio Cappelli nella GNR, Rolando Chelucci nei paracadutisti mentre Ruy Blas Biagi facente parte degli X Mas venne fucilato dagliAlleati presso Firenze dopo un'azione di sabotaggio oltre le linee nemiche.
La resa definitiva del Ridotto alpino repubblicano avvenne dopo aspri combattimenti. Pisanò, Danesi ed altri rimasero prigionieri, Manini morì di malattia, in clandestinità, a Milano. I collaborazionisti francesi, come Darnand, furno invece consegnati a De Gaulle e vennero tutti, sistematicamente, giustiziati.
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Post liberazione
Dopo sette mesi dalla liberazione di Pistoia, l'8 settembre 1944, scoppiò l'insurrezione in Nord Italia. Alle 15 del 28 aprile 1945 sul lago di Como, a Giulino di Mezzegra, venne fucilato Benito Mussolini. Un paio d'ore dopo, ad una distanza di una cinquantina di chilometri, a Ponte in Valtellina, cominciavano ad arrendersi ai partigiani gli ultimi fascisti in armi: tra i molti toscani presenti nelle loro file presenti anche alcuni pistoiesi capeggiati da Giorgio Pisanò.
Per quanto riguarda i casi di rappresaglie furono rari ed isolati i casi di violenze verso gli sfollati civili toscani in Valtellina e non poche furno le azioni di vendetta di legionari della Guardia nazionale repubblicana e squadristi delle Brigate nere , compresi alcuni pistoiesi.
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"Il Tirreno"
È uscito il notiziario fotografico
PISTOIA. E uscito il Notiziario del circolo fotografico Il Tempio . Nel quadrimestrale si sono articoli di Raffaele Accarino, Luigi Pulcini, Gialuca Iori, Ugo Conti, Carlo Onofrio Gori, Ideale Mosi, Matthiass Mees e Ginevra Simoni, Francesco Soldi e Valerio Fagioli.
— 11 maggio 2007 — pagina 09 — sezione: PISTOIA
postato da: gorca49 alle ore 17:34 | link | commenti (10)
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