giovedì 19 gennaio 2012

Storia. Resistenza e Liberazione (giovedì, 31 luglio 2008)


giovedì, 31 luglio 2008

Storia. Resistenza e Liberazione

  

Microstoria 42 2005
Combattenti pistoiesi nella Resistenza e nella Liberazione. Il ricordo delle formazioni partigiane e dei soldati della Divisione Garibaldi in Jugoslavia e dei Gruppi di Combattimento del ricostituito Esercito italiano sulla Linea Gotica

L’8 settembre 1944, a circa un anno dall’occupazione tedesca della città, varie formazioni partigiane, agli ordini del comandante della XII Zona, Vincenzo Nardi, dopo alcuni scontri nelle zone periferiche con i tedeschi in ritirata, raggiunsero il centro cittadino e liberarono Pistoia.
Alcune di queste formazioni erano di orientamento comunista (Volante,BarontiValiani, Valoris, Calugi, Stella rossa, Banda comunista n. 1, SAP Lamporecchio, Fantacci), altre di ispirazione azionista (Giustizia e Libertà, Pieve a Celle, Puxeddu, Castellina, Corallo, Frosini, Fedi); esse ebbero inoltre il valido apporto dei gruppi di Difesa della donna e di altre piccole squadre, tra le quali una di ispirazione cattolica (1).
Nella stessa giornata, proveniente dalla colline del Montalbano, anche la libertaria Silvano Fedi, guidata dopo la morte del suo comandante da Enzo Capecchi ed Artese Benesperi, dopo aver occupato in seguito a duri scontri con i tedeschi e varie perdite le località di Vinci, Lamporecchio e Casalguidi, raggiungerà il centro cittadino (2).
Occorre inoltre ricordare per rilevanza militare altre due note unità partigiane nelle quali erano presenti molti pistoiesi e che in quel momento operavano attivamente tra la Montagna pistoiese e la Garfagnana,: l’XI Zona di “Pippo” (Manrico Ducceschi)  e la garibaldina Bozzi (3).
Per molti patrioti pistoiesi tuttavia la lotta non finì con la liberazione della loro città:  se gli uomini di “Pippo”, combattendo al fronte con la V Armata, raggiungeranno poi con essa Milano (4),  numerosi altri partigiani smobilitati, insieme a giovani volontari,  aderendo all'appello del CLN e dei partiti antifascisti coalizzati nel governo Bonomi, volontariamente si arruoleranno  nei reparti del ricostituito esercito italiano per continuare la lotta armata fino alla definitiva sconfitta del nazifascismo.
Il 26 febbraio 2005, a ricordo di quei volontari, anche a Pistoia venne infatti inaugurata su un lato della Piazza del Duomo, una lapide la cuiiscrizione recita: “Il 16 febbraio 1945 partirono dalla piazza del Duomo, per arruolarsi nei Gruppi di Combattimento, i Volontari della Libertà della provincia di Pistoia. Nel sessantesimo anniversario la provincia e la città di Pistoia, grate, li ricordano. Comitato unitario per la difesa delle istituzioni repubblicane del Comune di Pistoia, febbraio 2005” (4).
Quel giorno i volontari si radunarono nel grande atrio del Politeama di via del Can Bianco, sede dell'ANPI e, dopo aver ascoltato i  saluti di alcuni oratori, si diressero in corteo nell'ampia piazza gremita di folla, dove li attendevano gli autocarri messi a loro disposizione, dopo tante sollecitazioni, dall’ autorità militare alleata.
Cerimonie analoghe avvenivano quasi contemporaneamente in varie località della Toscana, dell'Umbria,  delle Marche e del Lazio da dove i volontari si avviavano al centro di addestramento di Cesano per essere poi assegnati alle 6 unità riorganizzate dai britannici e destinate al fronte:CremonaFriuliFolgoreLegnanoMantova e Piceno. Erano a tutti gli effetti divisioni italiane che gli angloamericani vollero invece definireGruppi di Combattimento (GdC), sminuendone così l’importanza per sottolineare che il nostro contributo era quello di un  “cobelligerante” e non di un “alleato”.
A Pistoia quei volontari del febbraio ’45, molti dei quali provenienti dalla garibaldina Bozzi, furono senz'altro il contingente più consistente, ma non il primo a partire; ad esempio, fin dagli ultimi mesi del '44, si erano, tra gli altri, già arruolati nel Cremona Roberto Gasperini, Angiolo Cresci, Franco Andreini, già partigiano della Ofelio Baronti, che cadrà sul fronte del Senio e sarà decorato di medaglia d’argento; inoltre nella stessa Divisione vi erano, sia veterani in servizio di leva, come ad es. Gualtiero Degl'Innocenti ed Arrigo Della Foglia, sia militari di carriera, come il magg. Alberto Bongiovanni, poi autore di un bel libro di memorie, recentemente ristampato, dal titolo La guerra in casa (6).
I volontari pistoiesi furono destinati anche ad altre formazioni, come laLegnano dove, tra gli altri, combatterono Alfredo Ferrini, Mario Olla, Sergio Tesi.
Attilio Ciantelli, già comandante partigiano della Fantacci e assegnato allaFolgore insieme a Pietro Ghelardini, Mario Innocenti, ecc., ha calcolato in circa 600 il numero complessivo dei giovani pistoiesi confluiti a più riprese nei GdC  dei quali ne abbiamo potuti ricordare qui, ovviamente, solo alcuni.
La vicenda ci offre qui l’occasione per soffermarci brevemente sul contributo delle Forze Armate italiane, riorganizzate e ricostituite dopo la dura prova dell' 8 settembre, alla Liberazione ed al riscatto del Paese.
E' stata questa una pagina per lungo tempo sottovalutata della nostra storiografia che solo recentemente è stata riaperta per essere collocata nella sua giusta dimensione (3). La ragioni di questa sottovalutazione sono individuabili in un complesso iter culturale che non staremo qui a ripercorrere, ma che, detto in estrema sintesi, è riconducibile alle aspre divisioni politiche del dopoguerra. La paura dell'isolamento spinse infatti l'opposizione di sinistra a sottolineare un suo ruolo ed una sua identità “nazionale” e ciò si tradusse  nell'affermarsi  di una vulgata storiografica che finì per identificare quasi del tutto la Resistenza con la lotta partigiana e popolare di liberazione nazionale guidata dal partito comunista. Non si vuol negare che il contributo alla Resistenza delle brigate partigiane costituite dal PCI sia stato indubbiamente molto alto, sia sotto l’aspetto qualitativo che quantitativo, ma solo oggi sembra finalmente chiaro e ampiamente condiviso, il fatto che esso, obiettivamente, non sia stato il solo meritevole di attenzione e rilievo sul piano storiografico. Per  vari anni finirono infatti per essere sottovalutati o ignorati, altri contributi e altri fenomeni importanti, persino laddove il ruolo degli stessi militanti comunisti non era stato certamente irrilevante come, ad esempio, nei Gruppi di Combattimento del rinnovato esercito italiano. Noto anche il caso dell’on. Alessandro Natta, dirigente comunista, già militare deportato, al quale gli Editori Riuniti rifiutarono la pubblicazione di un suo libro sulla Resistenza degli I.M.I. nei lager nazisti. E questo solo per fermarsi a due esempi. Quanto alla partecipazione popolare alla lotta contro il nazifascismo, spesso disinvoltamente accreditata come quasi unanime in pagine agiografico- apologetiche  degli anni Cinquanta-Sessanta, andremmo molto, molto cauti.
La Resistenza, atto fondante della nostra democrazia repubblicana, fu infatti un fenomeno più vasto, variegato e soprattutto, come anche ci ha ricordato lo storico Claudio Pavone (4), più complesso. Molto più complesso.
Intanto, e  il Presidente Ciampi lo ha più volte in questi anni sottolineato, la Resistenza iniziò proprio da quei reparti che, in Italia ed all’Estero, nelle fasi concitate seguite all’armistizio dell' 8 settembre 1943 trovarono la forza ed il coraggio per non arrendersi alla prepotenza nazista. италијанска партизанска дивизија Гарибалди"
Fra questi, avendo soprattutto ben presente l’ambito locale, rammentiamo i pistoiesi nella Divisione Cremona che insieme alla Friuli contribuì in modo decisivo a liberare nel 1943, sotto la guida del gen. Magli, la Corsica dall’occupazione tedesca  e, soprattutto, dato che fu nelle isole greche e nei Balcani che fiorirono alcuni dei più nobili episodi della Resistenza italiana all’estero e che fu proprio in Jugoslavia che si svolsero le più lunghe ed accanite battaglie, vogliamo qui ricordare la Divisione di fanteria da montagna Venezia nella quale combatterono numerosi toscani fra i quali molti fiorentini e pistoiesi.
Rimasta senza ordini nel Montenegro, si oppose, per libera e unanime scelta dei soldati, alla resa imposta dai tedeschi e,  dopo tre mesi di duri combattimenti e perdite,  il 2 dicembre 1943, unendosi a Pljevlja  ai reparti della divisione alpina Taurinense, si costituì in Divisione italiana partigiana Garibaldi (италијанска партизанска дивизија "Гарибалди") per proseguire sul fronte partigiano jugoslavo la lotta di liberazione dal nazifascismo.Mantenendo  le caratteristiche di unità dell'esercito italiano, dopo 18 mesi di eroiche battaglie, i  circa 5000 superstiti, guidati dall'ultimo loro valoroso comandate, il  ten. col. Carlo Ravnich, con tutte le loro armi efficienti,  tra '8 e il 9  marzo ' 45 sbarcavano  a Bari rientrando invitti  in  Patria.

Molti di loro, equipaggiati dagli inglesi ed inquadrati nel GdC  Folgore, furono poi avviati al fronte verso il Nord Italia, ma solo il repentino crollo delle truppe nazifascite, seguito agli avvenimenti del 25 aprile, non permise la loro partecipazione attiva anche a  quest'ultima fase della Guerra di Liberazione.
Non ci soffermeremo oltre sulla storia tragica, limpida e gloriosa dellaGaribaldi,  ricorderemo soltanto che anche Pistoia, il 25 aprile 1992,  alla presenza di numerosi reduci garibaldini provenienti da tutta la Toscana, rese omaggio ai suoi non pochi caduti e decorati nelle file della Divisione con una serie di manifestazioni celebrative e con un cippo, disegnato da Umberto Civinini, posto nell'area a verde del quartiere de “Le Fornaci” (7).
Successivamente il 20 settembre 1998, per opportuna e benemerita iniziativa del gruppo pistoiese dell’Associazione Nazionale Alpini, la città ha ricordato, con l'intitolazione di un giardino al cui centro campeggia  un basamento sovrastato da una grande penna alpina mozzata, opera di Jorio Vivarelli, il concittadino Villy Pasquali, uno dei primi caduti per la Libertà in terra jugoslava.
Vale la pena soffermarsi un attimo questa figura di eroe anche perché la sua è l'unica medaglia d'oro al valor militare assegnata ad un cittadino del comune di Pistoia  per il periodo della Resistenza. Il suo valore veniva infatti così già ricordato in una pubblicazione a carattere nazionale del marzo 1945: «…“La via che avete scelto – disse agli ufficiali un colonnello – è quella della fame e della morte”. Ma gli rispose il tenente veterinario “è soprattutto quella della dignità e dell’onore”. Il tenente veterinario Pasquale Villi [sic] morì più tardi in combattimento e fu decorato di medaglia d’oro alla memoria con una magnifica motivazione» (8).
Che infatti così recita: “Pasquali Villy,  n. 1914 Pistoia. Tenente cpl. veterinario, Div. “'Garibaldi”. Ufficiale veterinario di una grande unità dislocata oltremare, all'atto dell'armistizio, fedele al proprio dovere di soldato, si univa alle eroiche file di coloro che avevano preferito la dura e pericolosa vita della guerriglia alla umiliante resa al tedesco. Assunto volontariamente il comando di una compagnia di artiglieri  trasformatisi in fanti, li guidava più volte al combattimento facendo rifulgere le sue splendide doti di combattente. Durante un attacco ad un forte presidio nemico, incurante dell'intesa reazione avversaria, si ergeva con fierezza alla testa dei propri uomini. Visto cadere un mitragliere lo sostituiva all'arma continuando il fuoco contro un pezzo anticarro tedesco; fatto segno al tiro concentrato di armi automatiche nemiche non desisteva all'azione, restando sul posto anche quando l'arma, più volte colpita, era resa inservibile. Sempre presente ove più aspro appariva il compito, durante una successiva azione, mentre con i suoi uomini formava una insormontabile barriera al nemico incalzante, stroncato dal fuoco nemico, immolava la sua giovinezza sul campo di battaglia. Nikic ‑ Cekanie ‑ Brijestovo (Montenegro), 9 settembre ‑ 17 settembre ‑ 10 novembre 1943” (9).
La Resistenza italiana, sulla base di queste prime prove di valore e sullo sfondo di un crescente consenso popolare (cosa però diversa dallapartecipazione), proseguì successivamente attraverso altre tappe fondamentali, fra queste: il rifiuto all'adesione alla RSI di oltre 600 mila Internati Militari Italiani (IMI) nei lager tedeschi,  la guerriglia sui monti e la lotta clandestina nelle città di oltre 185 mila partigiani e 117 mila patrioti, gli scioperi operai e l’aiuto contadino ai rifugiati e resistenti, l’unità di intenti, non facile né scontata, raggiunta dai partiti antifascisti coalizzati nel CLN e, non ultimo, il contributo bellico a fianco degli Alleati, al fronte e nelle retrovie, di oltre 400 mila soldati appartenenti alle ricostruite forze armate italiane . 
Dopo la dichiarazione di guerra alla Germania da parte del governo Badoglio (13.10.43) iniziava infatti la difficile “cobelligeranza” italiana che i comandanti militari alleati vedevano essenzialmente circoscritta ad un supporto di retrovia, tuttavia, visto che le dure condizioni armistiziali potevano, secondo il “promemoria aggiuntivo” di Quebec,  esser “modificate... dall'entità dell'apporto dato dal Governo e dal popolo italiano alle Nazioni Unite contro la Germania durante il resto della guerra”, dovettero poi acconsentire, soprattutto per motivi politici, alla costituzione di un reparto combattente, il “I Raggruppamento Motorizzato” (5300 uomini). 
Entrato in linea nel dicembre 1943 a Montelungo e distintosi a Monte Marrone, venne poi ampliato (18.4.44) a circa 14 mila uomini e trasformato in Corpo Italiano di Liberazione. Il CIL contribuì a liberare, anche in collaborazione con la valorosa unità partigiana Brigata Maiella, buona parte della Costa Adriatica; famosa la battaglia di Filottrano che vide il successo dei paracadutisti del Nembo su agguerriti reparti tedeschi.
Nel settembre 1944 il CIL, che constava ormai di 34 mila uomini, veniva sciolto e l’apporto bellico italiano cresceva alle già ricordate 6 Divisioni.
Si trattava di unità, come nel caso delle imbattute Cremona e Friulisopravvissute al disastro dell’ 8 settembre e operanti in Corsica, alle quali furono poi aggregati quei reparti, già distintisi nel CIL, che andarono a ricostituire la Legnano e la Folgore.
Stava piano piano cadendo la diffidenza angloamericana verso i combattenti italiani dei quali, tra l'altro, ora c'era davvero bisogno, occorrendo forze nuove che sostituissero alcuni contingenti alleati distolti dalla Penisola e destinati allo sbarco in Provenza.
Nel dicembre ‘44 giunse così per primo al fronte il  Cremona che, avendo per obiettivo Venezia, operò nella zona del Basso Senio, fra la ferrovia Ravenna-Alfonsine e il mare Adriatico: subito impegnato dai tedeschi, malgrado il training britannico, si trovò in seria difficoltà, soprattutto per carenza di effettivi dovuta anche allo stillicidio delle non poche diserzioni avvenute dopo il rientro in Continente. Sembra strano, ma come più volte ci ha riferito l’amico Gualtiero Degl’Innocenti, di leva nel Cremona, fin dal rientro della Divisione in Sardegna, queste diserzioni erano, tollerate, se non tacitamente incoraggiate, da una parte dell’ufficialità.
In questa situazione, stante la situazione di estrema precarietà delle strutture statuali nell’Italia liberata, essendo alquanto problematico il ricorso alla leva, il governo Bonomi pensò allora di fare appello a giovani e motivati volontari delle zone liberate, principalmente esperti ex-partigiani: se nel ‘43 molte delle prime “bande” di resistenti furono costituite da soldati divenuti partigiani, erano ora i partigiani che diventavano soldati.
Dopo l’accantonamento della questione istituzionale in seguito alla togliattiana “svolta di Salerno”, a sinistra ora non si vedeva più nell'esercito “badogliano” il “braccio armato” della monarchia,  pertanto il PCI poteva affermare che era necessario “per la più rapida liberazione possibile del Paese...arruolarsi in massa nel nuovo Esercito” anche perché“un'ondata sana di antifascismo penetri nelle forze armate” (10).
Nei vari GdC, ma specialmente nel Cremona, dove i volontari raggiunsero quasi il 60% degli effettivi, ebbe così ben presto inizio un vivace esperimento di democrazia: gli ex-partigiani imposero ai vertici militari loro responsabili di plotone, di compagnia, di reggimento e perfino di Gruppo. I designati affiancarono nei vari adempimenti gli ufficiali, alcuni dei quali furono, da allora in poi, più sensibili, come anche molti dei soldati di leva, allo spirito propugnato dai volontari. Ovviamente non mancheranno i contrasti politici, anche aspri, fra volontari ed effettivi di sinistra ed l’establishment dell’ufficialità, in gran parte monarchica, tuttavia, e fatti lo dimostreranno sul campo, l'efficienza delle unità combattenti, facendo leva sul valore e sull’esperienza degli ex-partigiani, quasi sempre in prima linea, e sulla convinzione, piuttosto che sulla costrizione, ne uscirà in definitiva esaltata.
Per tutti i pistoiesi che si distinsero nelle file dei GdC, ci sembra giusto tornare qui a ricordare Franco Andreini, uno dei primi ad arruolarsi volontario, medaglia d’argento con la seguente motivazione: “Porta arma di squadra pionieri, in due mesi di permanenza in linea partecipava volontariamente a tutte le azioni in cui erano destinati elementi del suo reparto, prodigandosi con generoso slancio e sprezzo del pericolo ad apportare a favore dei suoi compagni il contributo prezioso ed efficace della propria arma che manovrava con singolare perizia. Offertosi di far parte di un nucleo pionieri destinato a rinforzare un caposaldo avanzato, sebbene fatto segno a raffiche di armi automatiche, si portava allo scoperto per meglio battere l'obiettivo fino a quando, colpito a morte, cadeva eroicamente nell'adempimento del dovere (Casa Matteucci, Comune di Alfonsine, 25 Febbraio 1945)” (11).
Il Cremona, spesso coadiuvato nelle operazioni dai partigiani della 28° Brigata Garibaldina M. Gordini del leggendario “Bulow” (Arrigo Boldrini), sarà poi affiancato dal Gruppo di Combattimento Friuli operante nella zona di Riolo Terme, nell'alto Senio, e poi fra Forlì e Bertinoro.
Tali unità, raggiunte successivamente dal Folgore e dal  Legnanocontribuirono in misura determinante, dagli inizi dell'aprile 1945, allo sfondamento alleato della zona centrale e orientale del fronte nazifascista ed alla liberazione di Bologna (Friuli, Folgore e Legnano), di Venezia (Cremona e Rgt. San Marco del Folgore) e di gran parte della Pianura Padana.
Nel corso del 1944-45 da poche migliaia di persone le forze armate italiane, rafforzate anche dal notevole afflusso dei volontari, arrivarono a contare più di mezzo milione di soldati (400.000 dell'Esercito, 80.000 della Marina, 35.000 dell'Aeronautica), un quarto degli uomini impiegati e circa un ottavo delle forze combattenti, dando un forte contributo alla Guerra di Liberazione, anche in termini di vite umane (87.000 vittime). Esercito : 76.000 (compresi 42.000 Imi morti nei campi) Marina: 9.000 Aviazione: 2.000 .
Fra questi decisivo fu il contributo dei ragazzi partiti volontari in quell'inverno 1944-'45, e fra essi dei volontari pistoiesi,: tutti diedero vita ad un'esperienza che, come affermò poi il gen. Musco, nel ’45 colonnello nel Cremona, “...non trova riscontro neppure nella storia delle nostre Quattro Guerre d'Indipendenza” (12) e  dimostrarono in tal modo che l’impegno già profuso da molti di loro come partigiani non era stato un punto d’arrivo, ma un punto d’onore per fare sempre di più e sempre meglio, come poi effettivamente fecero, partecipando da soldati alla Liberazione dell’intero Paese.
                                                                                                              
                                                                      Carlo Onofrio Gori



Sintesi e rielaborazione dei seguenti articoli:

Carlo O. Gori, La partecipazione dei pistoiesi ai Gruppi di Combattimento, in “Storialocale” , n. 5  (2005).
Carlo O. Gori, Resistenti in divisa. Il ruolo dei pistoiesi nei Gruppi di Combattimento sulla Gotica e nella liberazione in Jugoslavia, in “Microstoria”, n. 42 (lug.-ago. 2005).
Carlo O. Gori, Il ricordo dei combattenti pistoiesi  nella Divisione Garibaldi in Jugoslavia e nei Gruppi di Combattimento sulla Linea Gotica. Nel Sessantesimo della Liberazione la Toscana ha reso omaggio i suoi cittadini che combatterono nelle Forze Armate contro il nazifascismo, in “Camicia rossa”, n. 2 (apr.-giu. 2005).
Carlo O. Gori, Se questa non è Resistenza, in "Camicia rossa", n. 3 (lug.-set. 2005).
Carlo O. Gori, Pistoia e i suoi combattenti per la Liberazione. Un ricordo dei soldati e dei partigiani sul dopo 8 settembre, in “Patria indipendente”, n. 9 (21 ott. 2007).

patria

Per bibliografia e note consultare gli articoli sulle riviste suddette.
Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore.
                                                             Carlo Onofrio Gori 


0_Carlo_2007-2008cog@interfree.it

 




Commenti:
 
#1 05 Agosto 2008 - 07:32
 
Carissimo Carlo: un bell'articolo che avevo già letto in varie versioni su riviste diverse: Ti ringrazio caldamente per aver di nuovo ricordato il povero babbo che come sai ti stimava molto e che teneva tantissimo all'attestato rilasciatogli dagli alleati per aver combattuto nel Cremona.
Athos
utente anonimo  (IP: 3589f931ef53935)
#2 06 Agosto 2008 - 15:05
 
Incattivimento della società italiana(cioè di tante persone).
Chissà se è stato determinato dall'imitazione del "Re degli Imbroglioni e della sua banda...",
oppure se questi sono solo la degna rappresentanza politica di una società sempre più incivile...
come si nota ogni giorno in mille episodi di vandalismo, di prepotenza, di maleducazione,
di sporcizia in qualsiasi luogo pubblico: il gesto più abituale ormai è quello di gettare per terra qualsiasi rifiuto... appunto perchè il "luogo pubblico" non è considerato un "bene comune",
ma una pattumiera dove gettare i rifiuti... ma dove non si vuole vedere "gli esuberi"
di questa società e del mondo attuale: i poveri, gli immigrati, i rom, i diversi dal modello conformista imposto dall'economia di mercato e dai "valori" individualisti, egoisti e prepotenti che propaganda
(a partire dalle Tv) ogni minuto, ogni secondo... e se qualcuno scrive qualcosa di diverso
(come il manifesto, Liberazione, l'Unità, ecc. gli si toglie il finanziamento pubblico per ucciderli.... perchè questa democrazia voluta dalla Costituzione Repubblicana, deve essere sempre più una finzione che copre la "dittatura" del "mercato" dei potenti e dei prepotenti.
Ciao Giuliano
utente anonimo  (IP: 3589f931ef53935)
#3 07 Agosto 2008 - 07:46
 
bene il ricordo della "Garibaldi" in Jugoslavia, tanti auguri di buon lavoro. Quando puoi mandami un nuovo articolo per la nostra rivista.
Sergio G.
utente anonimo  (IP: 3589f931ef53935)
#4 15 Agosto 2008 - 17:20
 
ringrazio a tutti quelli che mi hanno scritto in questi giorni: buon ferragosto a tutti!
cog
La mia homepage: http://historiablogori.splinder.com Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. Blocca questo utentegorca49
#5 15 Agosto 2008 - 18:52
 
Caro Carlo ti mando di seguito per te ed i tuoi lettori alcuni interventi sulla
situazione attuale del nostro "bel paese":

Il glorioso generale Bartolini, a capo delle eroiche truppe inviate a riconquistare al nemico il patrio suolo, comunica: in sola mezza giornata di campagna abbiamo spezzato le reni a 5 figuri che distribuivano giornali (propaganda nemica?), ridotto all'impotenza 2 mendicanti, disarmato un suonatore, colpito una stenditrice di panni, fatta prigioniera una pattuglia straniera accampata nella nostra ridente cittadina. Continueremo con indomito ardore, decoro o morte!"
Questi i risultati del grande regolamento.
Ora sappiamo con certezza che Firenze da ieri è una città peggiore.

Maurizio De Zordo
utente anonimo  (IP: 0da4d3a117cf095)
#6 15 Agosto 2008 - 18:53
 
sempre da Giuliano:

Giunto avventuosamente al potere, il dittatore dello stato libero di Bananas comunicava ai sudditi le sue prime riforme. Tra queste, l’obbligo di indossare la biancheria sopra i vestiti, e non sotto.
Divertente. Ma ci scuserà Woody Allen se consideriamo la sua immaginazione superata – almeno nella repubblica delle banane che abitiamo noi – dal ministro degli interni e dai sindaci di mezza penisola.
Alle “ordinanze creative” e alla “fantasia” dei sindaci si era appellato qualche settimana fa Roberto Maroni, quello che persino una sonnacchiosa Europa dei diritti ha saputo riconoscere come un mix di malafede, xenofobia e razzismo.
Ora che la fantasia è stata declinata in azione repressiva, lo scenario appare chiaro quanto grottesco.
A Novara(sindaco leghista Massimo Giordano) non si può stare al parco in più di due dopo il tramonto.
A Voghera non si può sedersi sulle panchine di notte.
A Cernobbio se ti sposi arriva un’ispezione sanitaria a casa.
A Rimini non si può bere dalla bottiglia per la strada (titolo sul Resto del Carlino: “Vietato bere dalle bottiglie anche di giorno”, Woody, dilettante!).
Lo stesso a Genova, dove non si può nemmeno passeggiare nel centro storico con una bottiglia o una lattina di bevanda alcolica in mano.
A Firenze, la città del mitico assessore Cioni, è vietato agli strilloni vendere i giornali ai semafori, ma si vigila attentamente anche sui ragazzini che giocano a pallone in un parco pubblico, grave attentato alla sicurezza. Estinti i lavavetri, la mamma dei capri espiatori è sempre incinta, e le multe serviranno a comprare nuove telecamere di controllo.
A Venezia non si può girare per le calli con grosse borse(indizio di commercio abusivo).
Groppello(comune di Cassano d’Adda, sindaco forzista Edoardo Sala), chiude nel giorno di ferragosto l’unica spiaggia sul fiume perché è in programma una festa di cittadini senegalesi. Motivazione: “Sicurezza del territorio, ma anche di questi immigrati, che arrivano in gran numero facendo confusione e rischiando di annegare”.
Come fantasia, come creatività, potrebbe bastare, ma non è che l’inizio.
L’arrivo – ci siamo – è l’immagine della prostituta nigeriana segregata e abbandonata a Parma da vigili urbani diventati secondini, privata di ogni dignità e fotografata come una bestia in gabbia.
Per il nostro bene, per la nostra sicurezza, per la nostra tranquillità, piccole Abu Ghraib comunali crescono, nella certezza che le coscienze se ne faranno una ragione.
La chiamano fantasia, o creatività, ma si tratta sempre della stessa cosa: un digeribile travestimento dell’abuso di potere.
E infatti, che razza di fantasia ci sarebbe nel picchiare, deportare, angariare, multare, incarcerare, umiliare i più deboli? Nessuna.
Inventare un’emergenza sicurezza è stato semplice, sostenerla e propagarla grazie ai media controllati dal capobanda che ha vinto le elezioni anche.
Dedicarle aperture di telegiornali e allarmati fondi sulla stanpa pure.
E ora? Ora che non si sa bene quale sicurezza garantire, e da che cosa, e da chi, si fa appello alla fantasia. Qualche senegalese non potrà fare il bagno nell’Adda, la prostituta nigeriana (con clienti italiani) non creerà più allarme, il paese è salvo.
Fantasia.
Del resto, sapete dire cos’ha trasformato il vecchio caro ed evocativo manganello in una semplice “mazzetta distanziatrice”?
Sempre lei, la fantasia. La fantasia al potere. Ai tempi del colera.

Alessandro Robecchi

il manifesto 14 Agosto 2008
utente anonimo  (IP: 0da4d3a117cf095)
#7 15 Agosto 2008 - 18:54
 
MILITARI IN STRADA E SINDACI SCERIFFI: IL RISCHIO È UNA GUERRA TRA POVERI. IL PRESIDENTE SPAZZINO NEL "PAESE DA MARCIAPIEDE"

Bene fa il Governo a prendere provvedimenti su annosi problemi. Ma riuscirà a fugare il sospetto che quando è al potere la destra i ricchi si impinguano e le famiglie si impoveriscono?
È un "Paese da marciapiede" quello che sta consumando gli ultimi giorni di un’estate all’insegna della vacanza povera, caratterizzata da un crollo quasi del 50% delle presenze alberghiere nei luoghi di vacanza. Dopo vari contrasti tra Maroni e La Russa, sui marciapiedi delle città arrivano i soldati, stralunati ragazzi messi a fare compiti di polizia che non sanno svolgere (neanche fossimo in Angola), e vengono cacciati i mendicanti senza distinguere quelli legati ai racket dell’accattonaggio da quelli veri.

A Roma il sindaco Alemanno, che pure mostra in altri campi idee molto più avanzate di quelle che il pregiudizio antifascista gli attribuisce, caccia i poveri in giacca e cravatta anche dai cassonetti e dagli avanzi dei supermercati. Li chiamano scarti, ma lì si trovano frutta e verdura che non sono belli da esporre sui banchi di vendita. E allora se vogliamo salvare l’estetica, perché non facciamo il "banco delle occasioni", coprendo con un gesto di pietà (anche qui "estetico"), un rito che fa male alle coscienze? Nei centri Ikea lo si fa, e nessuno si scandalizza. Anzi.
Ma dai marciapiedi sparisce anche la prostituzione (sarà la volta buona?) e sarebbe ingeneroso non dare merito al Governo di aver dato ai sindaci i poteri per il decoro e la sicurezza dei propri cittadini. A patto, però, che la "creatività" dei sindaci non crei problemi istituzionali con questori e prefetti e non brilli per provvedimenti tanto ridicoli quanto inutili; e che il Governo non ci prenda gusto a scaricare su altri le sue responsabilità, come con l’uscita tardiva e improvvida (colpo di sole agostano?) della Meloni e di Gasparri, che hanno chiesto ai nostri olimpionici di non sfilare per protesta contro la Cina (il gesto forte, se ne sono capaci, lo facciano loro, i soliti politici furbetti che vogliono occupare sempre la scena senza pagare pegno!).
Tornando al "Paese da marciapiede", ha fatto bene il cardinale Martino, presidente del Pontificio consiglio per i migranti, ad approvare la lotta al racket dell’accattonaggio senza ledere il diritto di chiedere l’elemosina da parte di chi è veramente povero. Il cardinal Martino ha posto un dubbio atroce: la proibizione dell’accattonaggio serve a nascondere la povertà del Paese e l’incapacità dei governanti a trovare risposte efficaci, abituati come sono alla "politica del rattoppo", o a quella dei lustrini?
La verità è che "il Paese da marciapiede" i segni del disagio li offre (e in abbondanza) da tempo, ma la politica li toglie dai titoli di testa, sviando l’attenzione con le immagini del "Presidente spazzino", l’inutile "gioco dei soldatini" nelle città, i finti problemi di sicurezza, la lotta al fannullone (che, però, è meritoria, e Brunetta va incoraggiato).
Ma c’è il rischio di provocare una guerra fra poveri, se questa battaglia non la si riconduce ai giusti termini, con serietà e senza le "buffonate", che servono solo a riempire pagine di giornali.
Alla fine della settimana scorsa sono comparse le stime sul nostro prodotto interno lordo (Pil) e, insieme, gli indici che misurano la salute delle imprese italiane. Il Pil è allo zero, ma le nostre imprese godono di salute strepitosa, mostrando profitti che non si registravano da decenni.
L’impresa cresce, l’Italia retrocede. Mentre c’è chi accumula profitti, mangiare fuori costa il 141% in più rispetto al 2001, ma i buoni mensa sono fermi da anni. L’industria vola, ma sui precari e i contratti è refrattaria. La ricchezza c’è, ma per le famiglie è solo un miraggio.
Un sondaggio sul tesoretto dei pensionati che sarà pubblicata su Club 3 dice che gli anziani non ce la fanno più ad aiutare i figli, o lo fanno con fatica: da risorsa sono diventati un peso.
È troppo chiedere al Governo di fugare il sospetto che quando governa la destra la forbice si allarga, così che i ricchi si impinguano e le famiglie si impoveriscono?

"Famiglia Cristiana", n°32
utente anonimo  (IP: 0da4d3a117cf095)
#8 15 Agosto 2008 - 18:56
 
«Questa politica dà sfogo ai peggiori istinti»


Ha appena terminato di scrivere l’editoriale per il mensile Italia Caritas, don Vittorio Nozza, direttore di Caritas italiana, coscienza lucida, puntuale come la sua penna che con severità, spirito critico, forte senso di appartenenza, non smette di evidenziare le debolezze di una politica forte e inefficace. Una politica - quella di Maroni & co. - che «mette radici»: come per le scene di «caccia al nero» viste negli ultimi giorni sulle spiagge e raccontate da l’Unità.

Don Nozza, sembra che non siamo più esseri umani, liberi, uguali. Persone che costruiscono il futuro della stessa terra...
«È il risultato del carosello mediatico subito dai cittadini. Della battaglia messa in atto in alcune città ai lavavetri, all’accattonaggio, la cacciata dalle spiagge, accolta da una sorta di silenzio consenso, come se fosse diventato improvvisamente normale interdire ai poveri, agli extracomunitari, città che passano per essere un patrimonio dell’umanità, ma finiscono per esserlo solo per quella parte che se lo può permettere: amministratori, cittadini benpensanti. Le battaglie contro i poveracci trovano ampia soddisfazione. Non stupisce che si tenti di nascondere agli occhi del paese una parte di vita che non piace, ma che continua ad esistere, e per farlo si ricorra a complesse architetture per la grande spettacolarità ma dalla dubbia tenuta in tempi medio-lunghi. Molti cittadini interpellati dai tg, senza alcun imbarazzo, paiono unanimi nel bollare i mendicanti come un fastidio. Fastidio, infatti, è stata la parola più gettonata, quasi fosse un termine neutrale e di galateo e non contenesse una sottile, perversa e inconfessabile carica di violenza. Non fosse altro perché sotto quello straccio di vestito, c’è una persona che vale più dei marciapiedi e del giusto decoro delle nostre spiagge e delle nostre città... ».

Vede delle responsabilità chiare?
«Intristisco poichè il mondo politico per mitigare le frustrazioni di un popolo che vede riflesse nei poveri le proprie paure, predica federalismo contro la crisi economica e pratica metodi che ci rende tutti più sbrigativi, più superficiali e spietati. Stupisce anche l’enfasi con cui tali decisioni vengono cucinate e servite agli italiani. Rovistare in un cassonetto, tentare di vendere bigiotteria sulle spiagge in cambio di un pezzo di pane, non è certamente un divertimento per un povero o un per extracomunitario».

Condiviso anche da politici che si dicono cristiani...
«Essere cristiano non è una proclamazione ma una testimonianza, uno stile di vita, un modo di stare nel mondo: è la partecipazione solidale, costruire insieme, non gestire separatamente le questioni. Occorre coniugare con una serie di politiche l’una strettamente legata all’altra: l’accordo con gli stati di provenienza, l’accompagnamento di questi disperati a partire dal loro stato di appartenenza al territorio di arrivo, con una politica dell’investimento nell’integrazione. Lavorare molto su quei 3 milioni e mezzo di regolari che vivono inseriti nelle scuole, nelle case, nelle fabbriche perché sempre più questo zoccolo duro diventi capace di legarsi, favorito anche dalla struttura del nostro territorio, fatto di comuni piccoli e medi, che si presta all’integrazione. Solo un territorio solidale è sicuro, diversamente un territorio presidiato non è sicuro, per chi arriva e per chi ci vive. È scontato che là dove c’è violenza vada perseguita. Noi siamo per l’impasto tra legalità e accoglienza, non si può disgiungere la legalità dalla giustizia, dall’ accoglienza. Il problema è che questa politica separa».

Dalla sua storia che coniuga esperienza cristiana e laica quali consigli a chi governa?
«Che se investiamo soltanto nel contrasto il rischio è togliere sicurezza a tutti, anche a noi stessi diventando anziani, malati, senza riferimenti, senza servizi domiciliari, senza opportunità. Solo garantendo un pezzo di amicizia, la gente si sente parte, altrimenti è insicura e dà sfogo agli istinti peggiori. Chi è chiamato a governare non può prescindere dall’ascolto. Quando ero direttore della Caritas della mia città, Bergamo,20 anni fa, c’era un campo rom dove accadeva di tutto, il problema è stato risolto solo quando il sindaco ha inviato una presenza del territorio».

La "disgregazione delle coscienze" per dirla con Gramsci, a cui assistiamo, è il frutto del linguaggio, anche dei gesti?
«Sì. Il linguaggio utilizzato in questi ultimi mesi rischia di montare molto l’immaginario, di distorcere la mentalità. Così si finisce con il considerare il venditore di bigiotteria, di pupazzetti di pelouche sulle spiagge un nemico, chi espone il piattino un sovvertitore della serenità. Assistiamo ad un linguaggio che fa paura in quanto disgrega, appunto. Da quando opero nell’ambito Caritas, ormai da 25 anni, non mi era mai accaduto di ricevere lettere in cui ci accusano di essere responsabili della venuta di queste persone che non verrebbero se noi non ce ne occupassimo. Anche gli operatori se lo sentono ripetere. Allora, il pericolo è che questo modo di pensare monti dentro quella ordinarietà che solitamente è capace di sopportare alcune fatiche. E che non si accetti più di sopportare o di portare alcune fatiche come il legare il diverso con la bellezza dell’altra persona, con la possibilità di comprendere e costruire insieme futuri diversi da quelli conosciuti».

Sandra Amurri

l'Unità 12.08.08
utente anonimo  (IP: 0da4d3a117cf095)
#9 15 Agosto 2008 - 18:56
 
Alemanno, guerra ai poveri che frugano nei cassonetti

È l'Italia di Berlusconi quella che sta emergendo, impietosa, dalla necessità delle ordinanze.
I senza fissa dimora identificati in un solo giorno a Milano sono 2.412: gente che per trovare cibo rovista nei cassonetti sporchi, accattoni che chiedono l'elemosina e i fortunati che hanno trovato un lavoro vendendo merce per strada. Ora basta. Ora è iniziata la guerra ai poveri. E l'ha cominciata Alemanno progettando un provvedimento «anti-rovistaggio» nei cassonetti. Certo fa schifo a vedersi ed è vero che i romani sono abituati da qualche anno a queste scene, ma dietro questa scena che fa schifo c'è la realtà che paventava ieri Sant'Egidio.
«Attento Alemanno - ha detto il portavoce della comunità Mario Marazziti - . Se non si potrà più rovistare nei cassonetti, come ha annunciato il sindaco di Roma, mi auguro si trovi comunque il modo di offrire da mangiare a chi non ne ha». Maroni le aveva definite ordinanze creative, si stanno rivelando ordinanze contro la povertà.
«Capisco la giusta preoccupazione per la tutela della salute e dell'igiene delle persone - avverte don Ciotti - ma chi rovista nei cassonetti per mangiare deve avere opportunità per vivere». «Ho visto anziani ed insospettabili aspettare la chiusura del mercato per racimolare qualcosa negli scarti. C'è gente che non ce la fa e non è solo il popolo della strada. È giusto - continua il prete che ha fondato il Gruppo Abele - avere attenzione per la salute. Nei cassonetti, infatti, c'è di tutto. Ma vanno anche create le opportunità per una condizione di vita dignitosa, come ad esempio le mense, oggi insufficienti. Bisogna creare politiche ed interventi di sostegno per chi è in difficoltà».
Se dietro i superpoteri a sindaci c'era un disegno ora quel disegno è chiaro. Nel mirino non c'è la sicurezza dei cittadini, ma lavavetri, mendicanti, zingari, vu cumprà e prostitute. Dice Alemanno. «Abbiamo già fatto le ordinanze antibivacco e antiborsone. Ora dobbiamo fare altre due ordinanze: una contro la mendicità molesta (sono inclusi i lavavetri) e la seconda sarà, probabilmente, contro il commercio abusivo. Per far capire che Roma non è uno spazio di degrado o un luogo in cui ciascuno può fare quello che vuole. La prostituzione è a parte, quello è un aspetto più complicato».
Un mondo alla rovescia. E ci sarebbe da prenderla a giocare se non fosse cosa serissima. Meglio nasconderla la povertà. Ovunque, anche nella città del Poverello. Anche lì. Assisi, dove nel 2006 ha vinto Forza Italia, una settimana fa il sindaco Claudio Ricci ha vietato accattonaggio e nomadismo, «per salvaguardare i luoghi di culto e la decenza». Scrive testuale l'Ansa, del 28 luglio: «I frati del Sacro convento francescano non avevano nascosto il proprio assenso, anche perché molti dei tantissimi turisti che visitano la basilica e la tomba di San Francesco avevano manifestato il loro disagio a trovare mendicanti vicino ai luoghi sacri di Assisi. "Francesco mendicava, ma come estrema ratio se non trovava sostentamento lavorando"».
Dal divieto di bere fuori dai locali (a Monza), ai premi produzione per i vigili urbani che trovano i clandestini (succede ad Adro in provincia di Brescia), ai corsi «da delatori» per i cittadini, si chiamano in realtà «osservatori ausiliari civici» (a Boltiere vicino Bergamo). Queste sono tutte ordinanze già operative. Ora che c'è l'imprimatur del ministro dell'Interno la fantasia si scatena ma guarda sempre lì, nella stessa direzione. Alassio ha adottato l'ordinanza anti-borsone. Cosa vuol dire? Che è vietato girare con grandi borsoni, ma solo se sei straniero e dentro hai chiaramente merce da vendere. Verona, sindaco leghista Tosi, si sta concentrando sulle prostitute ma intanto vieta l'accattonaggio e dispone la confisca dei beni al poverello con multa da 100 euro. Accattonaggio e lavavetri vietati anche a Trieste e Padova; niente questuanti a Cortina d'Ampezzo. Via i vu cumprà da Pescara e Torino ha aperto una nuova stagione: sono bastati 20 alpini a far sparire tutti gli stranieri da «tossic parck». La guerra ai poveri è però anche a sinistra. No a bivacco, elemosina e lavavetri - ma anche ai borsoni - a Venezia, Firenze e Bologna.

Giuliano
utente anonimo  (IP: 0da4d3a117cf095)
#10 15 Agosto 2008 - 18:57
 
NUOVO REGOLAMENTO DI POLIZIA URBANA, INIZIATI I CONTROLLI DEI VIGILI. ALLE 14 ELEVATE 30 CONTRAVVENZIONI
Questa mattina sono entrate in vigore le Nuove norme per la civile convivenza in città ovvero il nuovo Regolamento di Polizia Urbana. E di conseguenza sono iniziati anche i controlli della Polizia Municipale sul rispetto di queste norme. Alle 14 erano 30 le contravvenzioni elevate a venditori di giornali, mendicanti, negozianti, proprietari di cani e via dicendo. Nei primi giorni di applicazione delle nuove norme il Comando ha previsto un contingente di agenti dedicato esclusivamente alla verifica delle situazioni di degrado in città, composto da 15 pattuglie per turno. A queste di aggiungeranno anche un gruppo di vigili che da questa notte si dedicherà all'allontanamento delle prostitute dalle zone abitate. In totale saranno impegnati 70 agenti al giorno.
"Vogliamo approfittare del mese di agosto, di consueto relativamente più calmo in settori come la viabilità, per dare un segnale ai cittadini del massimo impegno della Polizia Municipale su questo fronte - ha spiegato il comandante Alessandro Bartolini - pur essendo questa una delle tante priorità cui il corpo deve far fronte". Il comandante ha aggiunto che nell'ultima settimana tutti i reparti si sono dedicati alla formazione e alla preparazione logistica. "Il personale è apparso molto convinto dell'importanza dei nuovi 46 articoli del regolamento - ha aggiunto Bartolini - che contengono circa 150 regole per la convivenza in città, regole in pratica corrispondenti ad altrettante ordinanze ma che adesso sono contenute in un tutt'uno organico".
In dettaglio alle 8 è partita l'operazione "Incroci puliti": le pattuglie hanno controllato tutti gli incroci della città per verbalizzare e allontanare eventuali lavavetri, mendicanti, distributori di giornali, di volantini o venditori di cerotti e simili. Cinque i venditori di giornali multati: uno in viale Belfiore, due in via Torre degli Agli (cui è stato anche sequestrato un carrello pieno di giornali da vendere), un quarto in via Poliziano e uno in lungarno Colombo. Tutti effettuavano la vendita avvicinandosi alle auto in carreggiata, mettendo a repentaglio la propria e l'altrui sicurezza, invece che stazionare sul marciapiede. E se in via Fiordaliso gli agenti hanno multato una residente che aveva esposto dei panni ad asciugare sulla strada, una contravvenzione da 160 euro è stata elevata anche a un esercente che in via Calzaioli, mentre sfilava il corteo che celebrava la Liberazione di Firenze, stava pulendo la vetrina del negozio oltre l'orario consentito (entro le 10).
Numerosi controlli anche nei confronti dei mendicanti. Alcuni sono stati allontanati, due quelli multati (in via Ruffini e in via Corridoni) perché recavano intralcio o fastidio ai pedoni. Gli agenti hanno multato anche un mendicante che, in piazza Dalmazia, utilizzava il proprio cane per l'accattonaggio: il cane è stato sequestrato e ricoverato presso il canile comunale. I vigili presenti nella piazza hanno effettuato anche ulteriori controlli tra cui quelli nei confronti di un cittadino albanese. L'uomo ha dichiarato false generalità ma scoperto dalla Polizia Municipale è stato arrestato. I controlli sono continuati anche in centro dove, in piazza Santo Stefano, gli agenti hanno multato una famiglia francese perché bivaccava in modo indecente occupando il suolo pubblico. I vigili hanno sequestrato anche diverse le biciclette allucchettate agli arredi: tre erano legate alla ringhiera del Battistero, altre due in giardini di periferia mentre dieci sono state sequestrate nei giardini di via Mamiani. Particolare attenzione è stata dedicata anche ai cani: due i proprietari sanzionati nella zona dell'Isolotto perché gli animali non avevano il guinzaglio. E se la Polizia Ambientale ha sanzionato il gestore di un pub che esponeva sacchi di rifiuti sul marciapiede, gli agenti del Reparto Antidegrado hanno multato il proprietario di un edificio disabitato in via del Corno perché non aveva provveduto a mettere in opera tutte le cautele necessarie per chiudere lo stabile e mantenerlo in buone condizioni.
Nel corso dei controlli ai mestieri ambulanti effettuati della Polizia Amministrativa è stato multato un suonatore abusivo in via del Corso. Nessuna multa infine per l'utilizzo del bagno dei locali pubblici: la Polizia Annonaria ha controllato i bar del centro con agenti in borghese che chiedevano di andare al bagno e: tutti gli esercenti hanno ottemperato all'obbligo. (mf)

da Ornella De Zordo
utente anonimo  (IP: 0da4d3a117cf095)
#11 15 Agosto 2008 - 18:58
 
«Non c'è autorevolezza nel ridicolo»


L'assessore Cioni, sulla vicenda del Regolamento di P.M. e delle multe fioccate nel primo giorno di applicazione, si appella al buon senso, e noi lo seguiamo sapendo però che il concetto è uno dei più aleatori e soggettivi. Lasciando quindi, ma solo per un attimo, da parte le questioni più e direttamente connesse alla violazione dei diritti della persona e delle garanzie costituzionali (art. 13 della Costituzione) di cui si è già detto e tanto ancora si dirà, e veniamo ai comportamenti "minuti", a quelle regole che, secondo Cioni, sarebbero improntate al buon senso.

E' certamente condivisibile che si debba pulire dove il proprio cane ha sporcato, ma non è tutto così lineare.

E' buon senso multare chi stende i panni(e non dalle finestre di Palazzo Strozzi), chi suona un violino in via del Corso, chi mangia un panino a sedere su uno scalino(alzi la mano chi non l'ha mai fatto da turista, magari in una città in cui per sedersi a un tavolino di un bar ci vuole la carta di credito) ?
E' buon senso multare un mendicante o portargli via il cane, poi metterlo in un canile, non restituirlo e far scattare le spese di mantenimento(10 euro il giorno) ?
E' buon senso vietare di sdraiarsi su una panchina a una persona accaldata in cerca di 10 minuti di riposo ?
E se si sporca la vetrina di un negozio dopo le dieci del mattino(un gelato caduto, un piccione), è buon senso aspettare il giorno dopo per pulire?
Rimuovere le biciclette non dal Battistero ma in tutta la città, cronicamente carente di rastrelliere, è buon senso?
Anche limitandosi a questi aspetti, quindi, questo Regolamento sembra più un'accozzaglia di norme inutilmente vessatoria. Un po' come chi alzando la voce e urlando pensa di guadagnare rispetto e autorevolezza, mentre da un lato si rende ridicolo e dall'altro fa un po' paura.

Ornella De Zordo
utente anonimo  (IP: 0da4d3a117cf095)
#12 15 Agosto 2008 - 18:59
 
Firenze non può essere la città delle multe e della repressione.



Il bollettino del primo giorno di applicazione del nuovo Regolamento di polizia urbana a Firenze fa il paio con il resoconto del primo giorno in cui i militari sono stati impegnati in servizio di ordine pubblico in diverse città italiane e conferma l’ipotesi che il Comune Firenze non abbia chiesto di poter avere i soldati nelle strade, perché ritiene più che sufficiente il proprio apparato di controllo e repressione. Dopo i granatieri di Sardegna che bloccano uno scippatore (usando certamente al meglio la grande professionalità acquisita nelle missioni di “pace”) adesso abbiamo i Vigili che sequestrano un carrello di giornali da vendere, chissà poi perché, visto che non risulta trattarsi di copie del Male (per chi è più giovane: nota testata satirica degli anni ’70 specializzata nel riprodurre prime pagine dei più importanti quotidiani, con notizie verosimili, ma false).

Come impiego oculato delle pubbliche risorse, come ottimizzazione dell’efficienza non c’è male!

Ma la cosa più importante è un'altra. La legge non ammette ignoranza – si afferma – ma il legislatore (o chi emana regolamenti e ordinanze) dovrebbe puntare all’efficacia dell’iniziativa politica piuttosto che a far cassa con le multe. L’obiettivo del Comune è che certi comportamenti cessino, non che vengano multati: perché questo accada l’informazione tempestiva è un passaggio necessario.

In questo senso smorzeremmo anche l’entusiasmo per la benevola accoglienza che nei pubblici esercizi è stata riservata a chi voleva usare i loro servizi igienici: in questo caso infatti, l’informazione ai gestori c’è stata, da parte delle associazioni di categoria che contestarono quella norma, ma certamente non c’è stata l’informazione ai clienti, indigeni e stranieri. Quanti saranno stati ieri, oltre ai Vigili dell’annonaria, coloro che hanno chiesto di usare il bagno di un bar?



Ma l’ironia non cambia la realtà che abbiamo di fronte.

La raffica di multe porta con sé una domanda: ma il regolamento precedente, di epoca fascista, era forse più tollerante?



Questa prima giornata conferma le ragioni del nostro giudizio negativo: è un regolamento che ha una impostazione autoritaria e repressiva e che non solo colpisce le fasce più deboli e disagiate (le multe ai mendicanti sono un vero paradosso!), ma che, per la genericità di talune disposizioni, può consentire abusi intollerabili e per taluni aspetti finanche la violazione di diritti costituzionali(come è stata accertato il possesso di materiale contraffatto da parte dei due extracomunitari di cui parla oggi la stampa? attraverso una perquisizione?).



Associazione per una sinistra unita e plurale di Firenze
utente anonimo  (IP: 0da4d3a117cf095)
#13 29 Agosto 2008 - 07:43
 
I tuoi articoli sono sempre molto interessanti, ma scrivi un po' di più.
Mauro Raddi
utente anonimo  (IP: e26d3b915877754)
#14 06 Settembre 2008 - 08:26
 
Riporto qui sul blog questa incoraggiante e cortese e-mail che mi ha inviato il sig. Bojola, al quale ho già privatamente risposto:

Da: "iacopo bojola" [Aggiungi alla rubrica]
A: cog@interfree.it
Data: 27 Ago 2008 - 15:46
Oggetto: complimenti

Egregio professor Gori,
voglio complimentarmi con lei per le preziose notizie che ho appreso sulla stora locale dal suo portale.
Sono un appassionato e spesso mi diletto nello scartabellare nelle carte di famiglia per trovare aneddoti e fatti verificatisi in passato, ma dimenticati. Con particolare riferimento alla prima metà del '900, periodo del quale ho una grande quantità di documenti e libri lasciati dai miei nonni che erano professionisti.

cordiali saluti e di nuovo congratulazioni

Jacopo Bojola

Di nuovo grazie al sig. Bojola e tanti saluti a tutti.

COG
La mia homepage: http://historiablogori.splinder.com Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. Blocca questo utentegorca49
#15 06 Settembre 2008 - 17:36
 
Ormai non più giovanissima, sono da tempo appassionata di storia, specialmente di storia della mia città, Firenze, e di storia toscana ed anch'io ho scoperto ora il suo blog che un amico mi ha consigliato di visitare. E' veramente il suo un lavoro molto utile, documentato e spesso avvincente. Vedo che non riceve molti commenti da altri bloggers, ma questo penso sia una conferma della validità dei suoi scritti perchè la gran parte dei blogs che ci sono in giro propongono contenuti inutili, intimistici e autoreferenziali.
Bravo Gori, continui così.

Mara Poli

P.S.

Le segnalo nei commenti gli articoli che mi sono piaciuti di più.
utente anonimo  (IP: b95b5c27950963d)
#16 06 Ottobre 2008 - 17:26
 
Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea
nelle province di Biella e Vercelli "Cino Moscatelli"
Aderente all'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia "Ferruccio Parri"
13019 Varallo - via D'Adda, 6 - tel. 0163-52005 - fax 0163-562289
direzione@storia900bivc.it
www.storia900bivc.it


L'Istituto organizza il corso di aggiornamento La prima guerra mondiale: l’inutile strage. Come il cinema ha analizzato la grande guerra, che si svolgerà a Varallo, nella sede dell'Istituto, secondo il seguente calendario:
24 ottobre 2008, ore 17: La visione estetica del pacifismo attraverso la brutale iniziazione alla guerra
31 ottobre 2008, ore 17: L’antimilitarismo e la follia della guerra
7 novembre 2008, ore 17: La quotidianità della guerra
14 novembre 2008, ore 17: La verità e i traumi della guerra
Relatore: Orazio Paggi, critico cinematografico
Il corso è realizzato da soggetto qualificato per l’aggiornamento in base al dm 177/2000 ed è aperto a tutti gli interessati.
Ai frequentanti sarà rilasciato un attestato.
Per motivi di carattere organizzativo l’adesione dovrà pervenire entro il 22 ottobre 2008, anche a mezzo e-mail o telefono, alla segreteria dell’Istituto (istituto@storia900bivc.it; 0163-52005), che è inoltre disponibile per eventuali ulteriori informazioni.
utente anonimo  (IP: 4313d4a6140d6f1)
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