Storia. Pistoia e Garibaldi: storia di un monumento
XPistoia e Garibaldi: storia di un "tormentato" monumento equestre
Il 17 luglio 1904 in Pistoia veniva (finalmente!) inaugurato il monumento a Garibaldi. L' atmosfera era di festa e vedeva la rilevante partecipazione di reduci garibaldini giunti da varie città d'Italia. In Piazza S. Domenico venne scoperta una statua equestre in bronzo dell'Eroe, posta su un massiccio basamento in marmo, opera dello scultore bolognese Alessandro Garella e fusa nella pistoiese Fonderia Lippi. Il "finalmente" iniziale ci sta tutto; infatti ben ventidue anni erano trascorsi dalle prime entusiaste proposte volte all'erezione del monumento, venute subito dopo la morte del Generale nel 1882, e l'effettiva inaugurazione! Questo più che ventennale ritardo non può non incuriosire; crediamo quindi meriti soffermarsi un po' su questa storica circostanza.
I rapporti di Pistoia con Garibaldi risalivano al 1860: Pietro Beccarelli, un bracciante della frazione di Saturnana, si imbarcava sul "Piemonte" mentre la nave sostava per rifornirsi ad Orbetello e l'11 maggio il pistoiese sbarcava con i "Mille" a Marsala . Successivamente ed a più riprese altri 250 pistoiesi partecipavano alla Campagna Meridionale.
Ad uno di questi, Giuseppe Civinini (1835-1871), poi giornalista e politico noto a livello nazionale, furono affidati importanti responsabilità nell'intendenza dell’esercito garibaldino. Il giovane pistoiese si distinse per competenza e correttezza tanto che divenne segretario del Generale. Lo seguì nel 1862 sull'Aspromonte, ne condivise la prigionia al Varignano e l'esilio a Caprera e fu nuovo vicino a lui, nel pieno della mischia, a Bezzecca nel 1866.
Un altro famoso garibaldino, il colonnello Stefano Dunyov (1816-1889), ungherese di lontana origine bulgara, divenne cittadino pistoiese d'adozione dal 1872 e non poche epigrafi, poste da municipalità e governi (una anche recentemente da parte dell'Ungheria) all'altezza della sua abitazione in via Verdi n. 19, ne commemorano l'eroica figura.
Al n. 40 della centralissima via della Madonna un'altra lapide ci ricorda che Garibaldi nel luglio 1867, in un clima di entusiasmo popolare, visitava per la prima volta la città. Il Generale non poteva immaginare che di lì a poco, il 24 settembre, avrebbe di nuovo, suo malgrado, fatto sosta a Pistoia, nell'allora importante stazione ferroviaria, mentre veniva tradotto prigioniero ad Alessandria dopo un ennesimo, fallito, tentativo di liberare Roma dal potere temporale dei papi ed unirla all’Italia. In quel frangente i garibaldini ed i democratici pistoiesi si dirigevano verso la stazione nel vano tentativo di liberare l'Eroe. Ne seguiva una vera e propria sollevazione cittadina protrattasi fino al giorno 26.
Di lì a poco, il 20 ottobre, ben sessantasei pistoiesi prendevano parte alla sfortunata impresa di Mentana.
Il culto di Garibaldi, già vivo dagli anni Sessanta ed alimentato dalle fresche notizie delle sue gesta di eroe nazionale e nel contempo cosmopolita, era enorme e non solo in Italia. Dopo la scomparsa dell'Eroe, nel 1882 , assumeva, a livello popolare, la forma di una "immaginazione mitica e la forza di un sentimento religioso attivo".
Anche i moderati ed i clericali, fieri avversari del Generale in vita, non potevano più "parlar male di Garibaldi", ma cercavano esorcizzarne la figura di socialista (favorevole, tra l'altro, alla Comune di Parigi) di sostenitore delle società operaie di mutuo soccorso e di massone anticlericale, proponendone una rivisitazione in chiave unitaria e nazionale.
Indubbiamente il socialismo di Garibaldi fu più umanitario e gradualista che scientifico o anarchico (nel periodo della Prima Internazionale non fu certo in sintonia con Marx e nemmeno col collettivismo di Bakunin) ed inoltre il Generale era stato costretto per lungo tempo a sacrificare i suoi realistici e concreti ideali sociali alla suprema causa dell'Unità e dell'Indipendenza nazionale. Tuttavia per i democratici ed i radicali la figura di Garibaldi era e permaneva una bandiera che non poteva e non doveva essere impugnata da quelli che, in vita, l'avevano tenacemente avversato!
Le divergenze politiche sulla persona dell'Eroe si manifestarono quindi anche a livello cittadino quando, nel 1882, da parte dei garibaldini pistoiesi, pur di far presto, si pensò di dedicare al Generale un "busto posato su una colonnetta di bronzo" alla cui modesta spesa poteva sopperire una sottoscrizione popolare. A tale proposta i moderati contrapposero, forse non a caso, il progetto di un costoso monumento concepito in chiave universalistica "grande e solenne" ed i cui tempi di realizzazione sarebbero stati, presumibilmente, molto dilatati. Fra i due "partiti" avvennero interminabili dispute col risultato che non fu dato corso a nessun progetto. Il dibattito, mai veramente sopito, riprese improvvisamente vigore dopo ben dieci anni, nel 1892, anno di nascita del Partito Socialista, quando i socialisti pistoiesi costituirono un nuovo comitato, tendente, pur di avere finalmente il monumento, a riproporre la realizzazione di un'opera semplice, finanziata solo con i fondi raccolti fra i lavoratori. Tuttavia anche questa iniziativa, lodevole, ma decisamente di parte, non poteva, fatalmente, che essere boicottata dai moderati.
Alla fine del secolo, il culto di Garibaldi venne ormai accettato anche dall'iconografia ufficiale monarchico-umbertina; si affermò definitivamente il filone celebrativo e monumentalistico e in Pistoia quasi tutti concordarono sul progetto di un monumento imponente.
I contrasti politici, apparentemente sopiti, però insorsero nuovamente sulla questione dell'ubicazione della scultura. Sulla prime apparve vincente la tesi, sostenuta da ben due commissioni e dal Consiglio comunale, di chi proponeva una sua sistemazione in piazza del Duomo, ma le forze moderate e clericali, anche attraverso due petizioni, manifestarono una decisa opposizione. La disputa si protrasse ancora per circa quattro anni, finché tutti i contendenti, dato il notevole costo dell'opera preventivata, furono costretti ad accettare il concorso finanziario della Cassa di Risparmio, ma era un contributo condizionato dal fatto che il monumento non dovesse essere assolutamente collocato in piazza del Duomo.
Il Consiglio comunale, dopo ulteriori defatiganti discussioni che impegnarono vari gruppi di esperti e dopo aver respinto varie ipotesi di collocazione (Piazza Mazzini, Piazza Stazione, ecc.) scelse finalmente piazza S. Domenico, allora più defilata rispetto ad oggi, (poi denominata piazza Garibaldi) dove il monumento fu finalmente collocato nei primi mesi del 1904, ma non senza un ulteriore strascico di ricorsi giudiziari e traversie burocratiche.
Il 2 giugno 1909, cinque anni dopo l'inaugurazione, "i reduci garibaldini pistoiesi" fecero porre alla base dell'opera una corona in bronzo con al centro un fascio littorio, simbolo allora comunemente usato dalle associazioni democratiche ed operaie. Curiosamente qualche antifascista pistoiese, dopo la caduta del regime mussoliniano, non avendo evidentemente ben considerato l'iscrizione, proporrà senz'altro di toglierlo. Quel fascio "democratico" era stato scambiato, in una comprensibile furia iconoclasta, per uno dei tanti fasci a suo tempo apposti dal P.N.F. su edifici e monumenti, divenuti ormai simboli di un regime che in effetti non aveva certo esitato ad appropriarsi a fini propagandistici anche della figura del Generale. Indubbiamente una sorta di "appropriazione indebita" testimoniata in sede locale dal settimanale fascista "Il Littorio" sulle cui pagine, il 5 giugno 1932, si era giunti a scrivere: "Non abbiamo più tra i piedi tribuni, e retori e faziosi a snaturare la leggenda garibaldina a farsene materia incandescente per i comizi di piazza e per le apostrofi operettistiche di Montecitorio....L'Italia fascista è com'Egli la volle nelle sue solitarie meditazioni di Caprera".
Segnali innegabili che le dispute fra moderati e radicali, fra destre e sinistre, sull' "appropriazione" della figura di Garibaldi - naturalmente, non solo prerogative pistoiesi - venivano da lontano e sarebbero proseguite a lungo!
I rapporti di Pistoia con Garibaldi risalivano al 1860: Pietro Beccarelli, un bracciante della frazione di Saturnana, si imbarcava sul "Piemonte" mentre la nave sostava per rifornirsi ad Orbetello e l'11 maggio il pistoiese sbarcava con i "Mille" a Marsala . Successivamente ed a più riprese altri 250 pistoiesi partecipavano alla Campagna Meridionale.
Ad uno di questi, Giuseppe Civinini (1835-1871), poi giornalista e politico noto a livello nazionale, furono affidati importanti responsabilità nell'intendenza dell’esercito garibaldino. Il giovane pistoiese si distinse per competenza e correttezza tanto che divenne segretario del Generale. Lo seguì nel 1862 sull'Aspromonte, ne condivise la prigionia al Varignano e l'esilio a Caprera e fu nuovo vicino a lui, nel pieno della mischia, a Bezzecca nel 1866.
Un altro famoso garibaldino, il colonnello Stefano Dunyov (1816-1889), ungherese di lontana origine bulgara, divenne cittadino pistoiese d'adozione dal 1872 e non poche epigrafi, poste da municipalità e governi (una anche recentemente da parte dell'Ungheria) all'altezza della sua abitazione in via Verdi n. 19, ne commemorano l'eroica figura.
Al n. 40 della centralissima via della Madonna un'altra lapide ci ricorda che Garibaldi nel luglio 1867, in un clima di entusiasmo popolare, visitava per la prima volta la città. Il Generale non poteva immaginare che di lì a poco, il 24 settembre, avrebbe di nuovo, suo malgrado, fatto sosta a Pistoia, nell'allora importante stazione ferroviaria, mentre veniva tradotto prigioniero ad Alessandria dopo un ennesimo, fallito, tentativo di liberare Roma dal potere temporale dei papi ed unirla all’Italia. In quel frangente i garibaldini ed i democratici pistoiesi si dirigevano verso la stazione nel vano tentativo di liberare l'Eroe. Ne seguiva una vera e propria sollevazione cittadina protrattasi fino al giorno 26.
Di lì a poco, il 20 ottobre, ben sessantasei pistoiesi prendevano parte alla sfortunata impresa di Mentana.
Il culto di Garibaldi, già vivo dagli anni Sessanta ed alimentato dalle fresche notizie delle sue gesta di eroe nazionale e nel contempo cosmopolita, era enorme e non solo in Italia. Dopo la scomparsa dell'Eroe, nel 1882 , assumeva, a livello popolare, la forma di una "immaginazione mitica e la forza di un sentimento religioso attivo".
Anche i moderati ed i clericali, fieri avversari del Generale in vita, non potevano più "parlar male di Garibaldi", ma cercavano esorcizzarne la figura di socialista (favorevole, tra l'altro, alla Comune di Parigi) di sostenitore delle società operaie di mutuo soccorso e di massone anticlericale, proponendone una rivisitazione in chiave unitaria e nazionale.
Indubbiamente il socialismo di Garibaldi fu più umanitario e gradualista che scientifico o anarchico (nel periodo della Prima Internazionale non fu certo in sintonia con Marx e nemmeno col collettivismo di Bakunin) ed inoltre il Generale era stato costretto per lungo tempo a sacrificare i suoi realistici e concreti ideali sociali alla suprema causa dell'Unità e dell'Indipendenza nazionale. Tuttavia per i democratici ed i radicali la figura di Garibaldi era e permaneva una bandiera che non poteva e non doveva essere impugnata da quelli che, in vita, l'avevano tenacemente avversato!
Le divergenze politiche sulla persona dell'Eroe si manifestarono quindi anche a livello cittadino quando, nel 1882, da parte dei garibaldini pistoiesi, pur di far presto, si pensò di dedicare al Generale un "busto posato su una colonnetta di bronzo" alla cui modesta spesa poteva sopperire una sottoscrizione popolare. A tale proposta i moderati contrapposero, forse non a caso, il progetto di un costoso monumento concepito in chiave universalistica "grande e solenne" ed i cui tempi di realizzazione sarebbero stati, presumibilmente, molto dilatati. Fra i due "partiti" avvennero interminabili dispute col risultato che non fu dato corso a nessun progetto. Il dibattito, mai veramente sopito, riprese improvvisamente vigore dopo ben dieci anni, nel 1892, anno di nascita del Partito Socialista, quando i socialisti pistoiesi costituirono un nuovo comitato, tendente, pur di avere finalmente il monumento, a riproporre la realizzazione di un'opera semplice, finanziata solo con i fondi raccolti fra i lavoratori. Tuttavia anche questa iniziativa, lodevole, ma decisamente di parte, non poteva, fatalmente, che essere boicottata dai moderati.
Alla fine del secolo, il culto di Garibaldi venne ormai accettato anche dall'iconografia ufficiale monarchico-umbertina; si affermò definitivamente il filone celebrativo e monumentalistico e in Pistoia quasi tutti concordarono sul progetto di un monumento imponente.
I contrasti politici, apparentemente sopiti, però insorsero nuovamente sulla questione dell'ubicazione della scultura. Sulla prime apparve vincente la tesi, sostenuta da ben due commissioni e dal Consiglio comunale, di chi proponeva una sua sistemazione in piazza del Duomo, ma le forze moderate e clericali, anche attraverso due petizioni, manifestarono una decisa opposizione. La disputa si protrasse ancora per circa quattro anni, finché tutti i contendenti, dato il notevole costo dell'opera preventivata, furono costretti ad accettare il concorso finanziario della Cassa di Risparmio, ma era un contributo condizionato dal fatto che il monumento non dovesse essere assolutamente collocato in piazza del Duomo.
Il Consiglio comunale, dopo ulteriori defatiganti discussioni che impegnarono vari gruppi di esperti e dopo aver respinto varie ipotesi di collocazione (Piazza Mazzini, Piazza Stazione, ecc.) scelse finalmente piazza S. Domenico, allora più defilata rispetto ad oggi, (poi denominata piazza Garibaldi) dove il monumento fu finalmente collocato nei primi mesi del 1904, ma non senza un ulteriore strascico di ricorsi giudiziari e traversie burocratiche.
Il 2 giugno 1909, cinque anni dopo l'inaugurazione, "i reduci garibaldini pistoiesi" fecero porre alla base dell'opera una corona in bronzo con al centro un fascio littorio, simbolo allora comunemente usato dalle associazioni democratiche ed operaie. Curiosamente qualche antifascista pistoiese, dopo la caduta del regime mussoliniano, non avendo evidentemente ben considerato l'iscrizione, proporrà senz'altro di toglierlo. Quel fascio "democratico" era stato scambiato, in una comprensibile furia iconoclasta, per uno dei tanti fasci a suo tempo apposti dal P.N.F. su edifici e monumenti, divenuti ormai simboli di un regime che in effetti non aveva certo esitato ad appropriarsi a fini propagandistici anche della figura del Generale. Indubbiamente una sorta di "appropriazione indebita" testimoniata in sede locale dal settimanale fascista "Il Littorio" sulle cui pagine, il 5 giugno 1932, si era giunti a scrivere: "Non abbiamo più tra i piedi tribuni, e retori e faziosi a snaturare la leggenda garibaldina a farsene materia incandescente per i comizi di piazza e per le apostrofi operettistiche di Montecitorio....L'Italia fascista è com'Egli la volle nelle sue solitarie meditazioni di Caprera".
Segnali innegabili che le dispute fra moderati e radicali, fra destre e sinistre, sull' "appropriazione" della figura di Garibaldi - naturalmente, non solo prerogative pistoiesi - venivano da lontano e sarebbero proseguite a lungo!
Carlo Onofrio Gori
cog@interfree.it
carlo.onofrio.gori@facebook.com
Sintesi di articoli già pubblicati:
Carlo O. Gori, Pistoia terra di garibaldini. Il rapporto tra l’Eroe dei Due Mondi e i pistoiesi dalla spedizione dei Mille al recente restauro del monumento equestre, in"Microstoria", n. 26 (nov.dic. 2002);
Carlo O. Gori, Pistoia e Garibaldi: storia di un "tormentato" monumento equestre, in "Camicia rossa", n..4 (nov. 2002-gen. 2003).
Carlo O. Gori, Pistoia e Garibaldi: storia di un "tormentato" monumento equestre, in "Camicia rossa", n..4 (nov. 2002-gen. 2003).
Attenzione: il post di questo blog e questi articoli sono riproducibili parzialmente o totalmente solo previo consenso o citazione esplicita dell'autore e del sito web e/o rivista.
vedi anche: http://goriblogstoria.blogspot.com/
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LAMPORECCHIO Mostra al Teatro Comunale
Domenica 27 febbraio ore 18.00 Inaugurazione della Mostra nell'ambito delle celebrazioni del 150° Anniversario dell'Unità d'Italia
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Museo della Città e del Territorio di Monsummano Terme
19 febbraio 2011 – ore 15,30 Il diario del conte Augusto Marescotti, suocero di Ferdinando Martini, come nuova importante fonte della storia del Risorgimento
relatore Prof. Renato Risaliti,
interverrà il Prof. Carlo Onofrio Gori
postato da: gorca49 alle ore 08:57 | link | commenti (19)
categorie: ottocento, risorgimento, pistoia, pistoiesi, carlo onofrio gori, storia del risorgimento, garibaldi giuseppe, gori carlo onofrio, gori carlo o, carlo gori, microstoria rivista, camicia rossa rivista
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