Storia. Vincenzo Lunardi, lucchese, aeronauta
Volando alto “conquistò” l’Inghilterra e l’Europa
Dal 1854 ogni 8 settembre a San Marcello Pistoiese viene lanciata una mongolfiera, detta il pallone di Santa Celestina, momento più importante della festa della Santa Patrona. Ciò che rende particolarmente significativo l’evento è comunque il legame che il pallone sanmarcellino ha con i fratelli Montgolfier che com’è noto, riuscirono il 19 settembre 1783 a far volare in Francia per circa tre chilometri un pallone spinto da aria calda al quale era legato anche un canestro contenente una pecora, un gallo e un’anatra. Infatti i due fratelli, ospiti della famiglia Cini con la quale erano in rapporto di amicizia e di affari, lasciarono a San Marcello l'impronta della loro invenzione, tanto che vari anni dopo, nel 1854, un grande pallone costruito proprio nella Cartiera Cini, probabilmente in base agli schizzi lasciati a suo tempo dai fratelli Montgolfier, si innalzò nel cielo della Montagna pistoiese.
Tuttavia, pur senza scomodare il genio di Leonardo da Vinci, l’apporto dell’ingegno toscano agli albori del volo non comincia né finisce con i rapporti fra i Cini ed i Montgolfier, come ci ha ricordato una spettacolare manifestazione aerostatica avvenuta nel settembre dello scorso anno con partenza dell’aeroporto di Tassignano nel Comune di Capannori. L'evento, svoltosi nell'ambito del suggestivo Festival delle Ville, è iltrofeo "Memorial Vincenzo Lunardi" del quale, per il 15-16-17 settembre di quest’anno è prevista la seconda edizione. Ma chi era Vincenzo Lunardi? Come ricorda un cippo posto nel giardino dell’ospedale di Chelsea a Londra, egli, il 15 settembre del 1784, fu “il primo viaggiatore aereo che attraversando gli spazi volò per 2 ore e 15 minuti”. Nato a Lucca 3 gennaio 1759, Lunardi, poco disposto a trascorrere il resto della vita negli angusti confini del piccolo stato toscano, fin da giovanissimo abbandonò la sua bella città iniziando a viaggiare per l’Europa tanto che nel 1782 lo troviamo a Londra, segretario del principe di Caramanico, Ambasciatore di Napoli.
Londra era allora la capitale di un immenso impero in formidabile ascesa, la città più importante del mondo, come spesso lo è stata poi anche in altri periodi, sovente disputando questa supremazia con Parigi: rappresentava allora quello che, all’incirca dalla metà degli anni ’60, rappresenta oggi New York, la “Grande Mela.
Lunardi, in quel 1782, svolgeva il suo lavoro di mediocre routine diplomatica nelle cinque modeste stanze dell'ambasciata napoletana al n. 56 di New Bond Street e non navigava certo dell'oro, dato che per arrotondare il suo magro stipendio era costretto a rivendere il saporito olio che la famiglia (due sorelle e il suo tutore, cavalier Compagni) periodicamente gli spediva da Lucca. Ventitreenne intelligente ed ambizioso leggeva molto, intuiva che nell'aria stavano maturando strabilianti novità e trascorreva lunghe ore al Museo degli Inventori sentendo sorgere dentro di sé un impaziente intreccio di sogni e di progetti. L'anno successivo non fu quindi sorpreso dalla performace aerostatica dei fratelli Montgolfier che, insieme all'amico Tiberio Cavallo, seguì attentamente sulle gazzette del tempo, come poi si eccitò per l’ascensione di Pilature de Rozier e del Marchese d’Arlandes, che il 21 novembre 1783 per primi percorsero il cielo di Parigi, per quella dell’inglese Cavendish che nel dicembre del 1783, sempre a Parigi, si elevò utilizzando un pallone a gas e per i fratelli Charles, che usarono l'idrogeno posto dell'aria calda. Urgeva che fosse effettuato il primo volo sul suolo britannico dopo che, anche in Italia, il 25 febbraio 1784, il marchese Paolo Andreani con i fratelli Carlo e Agostino Gerli avevano solcato quei cieli. Lunardi, forte delle sue cognizioni tecniche, sapeva di essere l’uomo giusto nel posto giusto, e che proprio quello era il momento per alzarsi su Londra ed uscire definitivamente dalle ristrettezze economiche e dall'anonimato. Gli inizi di quel 1784 furono quindi per il lucchese occupati da una frenetica ricerca di fondi che, grazie al suo convincente entusiasmo finalmente gli vennero da amici e da piccoli artigiani. Progettò e costruì con l'aiuto di Cavallo e del chimico Fordyce un pallone in cui l'unica innovazione rispetto alle formule precedenti fu probabilmente l'invenzione e l'utilizzo di un dispositivo atto a far entrare più rapidamente l'idrogeno nel tubo di rifornimento. Verniciato in rosso, blu e oro, misurava 16 metri di circonferenza, 45 corde scendevano dall'alto fissandolo ad una navicella dotata di 4 grandi remi aerei che secondo le credenze del tempo sarebbero necessariamente serviti per la navigazione orizzontale e per quella verticale. Lì dentro si sarebbe stretto Vincenzo, con una riserva di acido vetriolico in barili, dei sacchi di zavorra, alcuni strumenti per la navigazione, i viveri, un piccione, un gatto e un cane, nonché il suo affezionato finanziatore ed amico Biggin che però, per motivi di spazio e di peso, dovrà poi rimanere a terra. Finalmente, dopo non poche perplessità, il Governatore Sir George Howard dava il permesso per il volo mentre, nell'attesa, il pallone di Lunardi veniva esposto al pubblico che poteva ammirarlo al costo di una ghinea. Ed ecco finalmente il 15 settembre 1784. Quel mercoledì il tempo era buono e Lunardi, salutato dal principe di Galles di fronte ad oltre 150.000 persone, prese il volo sventolando una grande bandiera britannica. Alcuni raccontano che lo storico decollo avvenisse dal campo di parata militare di Moorfields vicino a Moorgate, altri invece dai Chelsea Gardens, praticamente dalla parte opposta di Londra, ma probabilmente qualcuno confonde questa prima ascensione con gli altri numerosi voli che da quel giorno in poi Lunardi effettuò sui cieli britannici, tanto che oggi troviamo disseminate in Inghilterra e in Scozia lapidi che ricordano decolli, passaggi ed atterraggi del lucchese.
Mentre il pallone saliva lentamente Lunardi, dimenando energicamente (ed inutilmente!) i suoi remi, preso da somma beatitudine, cantò a squarciagola, poi dopo mangiato un pollo arrosto ed aver bevuto una mezza bottiglia di buon vino, Vincenzo lanciò nel vuoto tre lettere: se qualcuno le avesse trovate, doveva farle recapitare agli indirizzi del principe di Caramanico, di Fordyce e dell’amico Biggin. Dopo alcune miglia, essendo scesa la temperatura, Vincenzo decise che era opportuno riabbassarsi e lentamente vide delinearsi le figure di alcuni villici che all’apparire del pallone scappavano verso le colline. Cercò col megafono di far capire loro che qualcuno doveva afferrare le corde che egli avrebbe lanciato e tre giovani, che spauriti si erano rifugiati in un bosco accanto, si fecero coraggio e le agguantarono. Vincenzo saltò a terra per baciarli e abbracciarli e da loro seppe che era giunto nei pressi di Standon nello Hertfordshire. Di lì a poco arrivarono anche altri paesani e, dopo aver liberato il cane e il gatto mezzi morti di freddo e di paura, si fecero allegri brindisi con la buona birra locale. Ma l’ebbrezza del volo e del successo spinse subito Lunardi a saltare nuovamente nella sua navicella e, nel desiderio di salire in fretta sempre più in alto, a buttar fuori tutto quello che era rimasto a bordo: zavorra, piatti, bicchieri ed anche un paio di stivali. Riuscì così a raggiungere i 3.500 metri di altezza e, dopo un breve volo, scese nei pressi della vicina Ware. Aveva complessivamente percorso una ventina di chilometri in due ore e un quarto. Finalmente anche i cieli dello stato più potente della terra erano stati solcati da un aerostato ed il ritorno dell’aeronauta a Londra fu trionfale: una folla enorme di cittadini, soldati, giornalisti, autorità, belle donne costrinse la sua carrozza a procedere a passo d'uomo, poi fu acclamato per tutta la notte. Giorgio III lo ricevette a Corte e, dopo avergli donato un prezioso orologio d'oro, lo nominò capitano ad honorem del Corpo degli Artiglieri. Da allora il lucchese divenne senz’altro l’italiano che nel XVIII secoloriuscì ad ottenere maggior popolarità in Gran Bretagna facendo anche “tendenza”: medaglie, vassoi, piatti, ritratti, bandiere riprodussero il suo viso e le signore si ornarono di un incredibile copricapo, a forma di pallone, detto “alla Lunardi”. Considerato come il più grande esperto vivente di problemi aeronautici, l’affascinante Vincenzo divenne il “partito” più ambito per ogni fanciulla di buona famiglia, mentre i poeti ne cantavano sperticate lodi ed ad ogni sua ascensione, alcune con a bordo belle dame, seguivano pantagruelici ed interminabili banchetti. Lunardi, dopo aver inventato anche una speciale barchetta a remi sulla quale, vestito da sera, attraversò il Tamigi al cospetto di una folla acclamante, rientrò in Italia nel 1788, dopo cinque anni di assenza. Sbarcato a Genova venne festeggiato come vero eroe italiano ed a Lucca fu poi investito da un'ondata di indescrivibile entusiasmo. Diretto a Napoli, nel suo lentissimo viaggio fitto di festeggiamenti, passò per Roma dove venne praticamente costretto ad esibirsi. Le autorità pontificie fissarono la data ed il luogo per l'8 luglio 1788 nei pressi del Teatro Corea che si trovava nel Mausoleo di Augusto. Quel giorno l'aerostato non riuscì a gonfiarsi a sufficienza e Lunardi, per alleggerirlo, decise di sostituire una tavola della navicella, ma, all'improvviso, il pallone, a causa di un colpo di vento, partì trascinando con sé un involontario viaggiatore, l'ingegnere Carlo Lucangeli che nel frattempo si era aggrappato alle corde. Il pallone scese a nei pressi della Porta di San Pancrazio dove, dicono le cronache, l'ing. Lucangeli arrivò incolume. Dopo questo incidente Lunardi giunsefinalmente a Napoli dove il suo “datore di lavoro”, re Ferdinando IV, lo accolse con ogni onore. Anche qui, il 13 settembre 1789, prendendo il volo da Largo di Palazzo, dovette necessariamente effettuare la prima ascensione aerostatica del Regno, poi ricordata ed esaltata con odi e sonetti. Ne compì poi altre a Caserta ed a Palermo, ma godendo degli incondizionati favori del Borbone poteva ormai permettersi di trascurare il volo per dedicare la maggior parte del suo tempo agli studi e alla vita galante. I suoi ozi napoletani non durarono però a lungo perché anche le Maestà Cattoliche lo reclamarono in Spagna volendo venisse effettuato il primo volo aerostatico in quel Paese. Ferdinando IV, seppur contrario a privarsi del lucchese, dovette infine piegarsi agli obblighi imposti dagli augusti familiari ed ordinò a Vincenzo di partire. Il 12 agosto 1792 a Madrid un’incredibile navicella fitta di archi, cariatidi di legno, colonne, paraventi, legata ad un enorme e variopinto pallone si alzò a fatica davanti alla Corte stupita ed ad una enorme folla, raggiunse i 3.000 metri di altezza per poi cadere in un torrente a 25 chilometri dalla città, dove poi Lunardi fu ripescato. L’aeronauta lucchese ebbe appena il tempo di riaversi che 11 giorni dopo, il 24 agosto, dovette nuovamente esibirsi, questa volta a Lisbona in Portogallo.
Ma con l’ascensione lusitana praticamente si concluse il periodo d’oro di Vincenzo Lunardi: negli anni successivi il suo nome venne dimenticato da un’Europa sconvolta dalla Rivoluzione francese e dalle guerre napoleoniche. Lo ricordò solo uno scarno annuncio apparso anni dopo, il 31 luglio 1806, sul Gentleman’s Magazine di Londra: “E’ morto…nel convento di Barbadinos, vicino a Lisbona, Vincenzo Lunardi, celebre aeronauta”. Oggi invece, a duecento anni esatti dalla sua morte, come testimoniano anche le numerose pagine a lui dedicate su Internet, il suo ricordo è di nuovo ben vivo in Gran Bretagna e fra gli appassionati del volo di tutto il mondo.
Carlo Onofrio Gori
Rielaborazione dell'articolo di Carlo Onofrio Gori, Vincenzo Lunardi, il Montgolfier di casa nostra, in "Microstoria", n. 48 (lug.-ago. 2006)
Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore.
postato da: gorca49 alle ore 08:29 | link | commenti (9)
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