Sport
I Mondiali
Sono iniziati, l’effetto qui da noi mi pare un po’ in sordina, questi mondiali che si prospettano come interminabili: brodo lungo: un mese! Ma gli affari sono affari ed il treno della “ripresa” tedesca, passa anche dai campi di gioco e dintorni. Tutte le volte che prende il via un importante torneo calcistico la mia mente va alla mia partita d’esordio, in lucchesia, in un torneo giovanile all’inizio degli anni Sessanta: vincemmo tre a uno, segnai due goal, malgrado giocassi nel ruolo di ala “tornante”, come si diceva allora. La partita era difficile ed io e la squadra iniziammo in modo strepitoso. Poi né io né la squadra fummo all’altezza delle aspettative suscitate da quell’esordio: segnai ancora qualche altra volta, poche, neanche i compagni segnarono molto e la squadra, senza infamia e senza lode, concluse a metà classifica. Altri tempi. I pali delle porte erano ancora squadrati, non erano ammessi cambi ed ad es., se si faceva male il portiere, qualcuno di noi doveva prenderne il posto. I difensori marcavano “ad uomo”, salvo il “libero” che a volte poteva anche “fluidificare” spingendosi in avanti. Nei clubs erano ammessi solo due stranieri (più un oriundo), la numerazione sulle spalle andava rigorosamente da 1 a 11, i colori sociali erano rispettati e c’era una sola maglia di ricambio per le partite interne quando gli avversari avevano colori uguali.
Già, l’attaccamento alla maglia era considerato un valore: cambiavano casacca solo i più bravi, salendo dalle squadre piccole alle più importanti, ma poi chi cambiava spesso squadra era considerato un brocco e/o piantagrane, oppure uno troppo bravo, ma troppo venale. Forse l’unica cosa uguale ad oggi è che anche allora le squadre più forti erano quasi sempre le solite tre: la Juventus, e le milanesi, il Milan di Rivera e la grande Inter di Helenio Herrera, che avevano iniziato a vincere anche le prime coppe dei campioni e l’intercontinentale. La nazionale non vinceva granché: occorrerà attendere il Sessantotto per riscattarsi dalla debacle coreana nel mondiale inglese del ’66 e vincere il nostro primo (e finora unico) europeo e il 1970 per arrivare, guidati dal “cagliaritano” Gigi Riva, alla finale mondiale col Brasile di Pelé, in Messico.
La ripresa dalla debacle della nazionale di “Mondino” Fabbri nel ’66 fu allora considerato l’anno zero del nostro calcio, che dovremmo dire oggi? Siamo forse nell’anno “sottozero” e qualcuno spera proprio, malgrado Del Piero pensi il contrario, in un auspicato, ma improbabile successo della nostra nazionale perché una “divina” amnistia cancelli tutto lo schifo (inevitabile corollario del calcio-soldi-spettacolo-pubblicità-diritti tv) che si è andato accumulando in questi ultimi anni e che ora finalmente è stato svelato.
Allora (e fino alla fine degli anni Ottanta) era un mondo, e non solo nel calcio, più “regolato”: sapevi chi era il tuo avversario, quali erano le regole, quali erano i possibili “trucchi” e ti regolavi di conseguenza. Oggi non ci si capisce più niente! Intendiamoci, i favoritismi, nella vita, come nel calcio, c’erano anche allora e ci sono sempre stati: in Italia la Juventus, e lo dico da juventino, ha sempre avuto un occhio di riguardo, come a livello internazionale lo ha sempre avuto il grande Brasile, anche quando non ne aveva affatto bisogno! Ad es., a parte la costante degli arbitri “casalinghi”, come giustamente ricordò Helenio Herrera, due grosse nazionali degli anni Sessanta poterono vincere pochissimo, soprattutto per motivi politici, ed erano la “comunista” URSS e la “fascista” Spagna che si dovettero accontentare solo di due successi ai primi, ed allora poco prestigiosi, “europei”.
Chi vincerà in Germania? Di solito quando il mondiale si è svolto in America ha sempre vinto una squadra sudamericana (Brasile, Argentina ed il “vecchio” Uruguay), quando il mondiale si è svolto in Europa una squadra europea (Germania, Italia, Francia, Inghilterra), con una eccezione, il Brasile che vinse nel 1958 in Svezia e che ha vinto anche nel 2002 nel primo mondiale asiatico. Anche per aver sfatato e superato questa tradizione il Brasile è in testa nel palmares dei titoli ed è la compagine favorita di quest’anno, ma il mondiale è lungo e del resto i nostri affanni quotidiani, in questa odierna società “deregolata” o “sregolata”, sono talmente tanti che il calcio, questo calcio quasi svuotato ormai della sua funzione consolatoria, è divenuto una delle nostre ultime preoccupazioni.
Lunedì, comunque, in bocca al lupo, azzurri!
COG
COG
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